Il 14 dicembre scorso è entrato in vigore il Decreto Legislativo per il compiuto adeguamento della normativa italiana alle disposizioni della direttiva dell’Unione europea numero 343 del 2016, sul rafforzamento della presunzione d’innocenza. Il termine fissato dal testo europeo era il 1° aprile 2018. Il nostro Paese giunge, pertanto, a recepire la direttiva dell’Ue con un ritardo di oltre tre anni. Invero, nella nostra Costituzione – e quindi dal 1948 – vi è già il principio di “non colpevolezza”, indicato dal secondo comma dell’articolo 27: «L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva».

Si rafforza, dunque, un elemento cardine di civiltà giuridica e sociale, che dovrebbe essere di pacifica evidenza. Ma così non è! Non a caso, infatti, in questi giorni si è riacceso il dibattito sulla libertà di stampa, sul diritto di cronaca, sulla necessità d’informare l’opinione pubblica in relazione al secondo comma dell’articolo 21 della Costituzione, che prevede che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Invero, il primo comma del medesimo articolo disciplina la “libertà di pensiero” e recita testualmente: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

Il secondo comma non può che essere messo in relazione con il primo, nel senso che ai media non può essere impedito di esprimere opinioni e devono essere liberi da qualsiasi bavaglio che ne condizioni la libertà. È questo un fondamento imprescindibile di civiltà, che non può certamente essere soppresso. Siamo, però, nel campo della libertà di opinioni e non certo in quello della cronaca giudiziaria, che consiste nell’informare l’opinione pubblica di fatti veri e di pubblico interesse. Il nodo da sciogliere è, quindi, se il diritto di cronaca può essere ritenuto forma di manifestazione del pensiero. Lascio al lettore il giudizio, non è sulle pagine di un giornale che la questione può essere approfondita. Vale la pena, invece, verificare quali siano le indicazioni di “rafforzamento” del principio di non colpevolezza, ovvero di presunzione d’innocenza, che la norma appena entrata in vigore stabilisce.

Innanzitutto il decreto non coinvolge gli organi d’informazione, ma esclusivamente le autorità pubbliche. Queste hanno il divieto d’indicare come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con provvedimento di condanna definitivo. Vengono poi rivisti i rapporti tra le Procure della Repubblica e gli organi d’informazione, nel senso che il procuratore capo, ovvero un suo delegato, potrà informare esclusivamente tramite comunicati ufficiali oppure, nei casi di particolare e motivata rilevanza pubblica dei fatti, con conferenze stampa. La diffusione delle informazioni sui procedimenti penali è consentita, inoltre, solo quando è strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o se ricorrono altre specifiche ragioni d’interesse pubblico. In ogni caso le persone coinvolte non possono essere indicate come colpevoli.

Ove ciò non avvenga, l’interessato ha diritto di richiedere all’autorità pubblica la rettifica della dichiarazione resa ed eventualmente il risarcimento del danno causato dalla notizia. L’autorità dovrà provvedere, non oltre le 48 ore dalla richiesta, alla rettifica che deve essere resa pubblica con le stesse modalità della dichiarazione. Letta la norma, dunque, non può certo affermarsi, come qualcuno ha fatto, che si è voluto limitare il diritto di cronaca, ovvero mettere il bavaglio alla stampa. I media restano liberi di pubblicare le notizie che ricevono.

Il giusto limite è stato messo alla fonte, che ha il dovere di tutelare la persona indagata che, non solo non dovrà far apparire come colpevole, ma dovrebbe ritenere, anche nel corso dell’indagine espletata o da espletare, innocente e da tutelare sempre e in ogni caso, perché spetterà poi ai giudici valutare gli atti del procedimento e giungere a sentenza. Una rivoluzione culturale che sarà difficile da ottenere. Solo pochi giorni fa, su un quotidiano, vi era notizia dell’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di una persona indicata con nome e cognome e subito dopo veniva precisato «…il provvedimento è in corso di notifica». Tra il dire e il fare, nel nostro Paese ci sarà sempre il mare…