La norma sulla presunzione di innocenza
Cartabia dice basta agli show delle toghe, dal governo il via libero definitivo alla presunzione di innocenza
Il Consiglio dei Ministri ha dato ieri sera il via libera definitivo al decreto legislativo di recepimento della Direttiva europea sulla presunzione di innocenza. Cambiano dunque i rapporti tra Procure e mezzi di informazione: si mette pertanto un freno alle distorsioni del processo mediatico, quello che si sviluppa soprattutto nella fase delle indagini preliminari, dove il protagonismo di alcuni pm o dirigenti di Pg spesso porta allo svilimento dei diritti dell’indagato, innocente fino a sentenza definitiva. Il testo uscito dal Cdm ha recepito in pieno i pareri, seppur non vincolanti, elaborati dalle Commissioni giustizia di Senato (relatore il leghista Andrea Ostellari) e Camera (relatore Enrico Costa di Azione/+ Europa).
Cosa prevede il testo? L’art. 2 prevede il divieto, per le “autorità pubbliche”, di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini. Secondo l’art. 3 invece il Procuratore della Repubblica può comunicare con la stampa solo tramite comunicati stampa. Nei casi di «particolare rilevanza pubblica dei fatti» ci sarà la possibilità di indire da parte del Procuratore, o un magistrato delegato, conferenze stampa ma la decisione di convocarle, come richiesto dal parere delle Commissioni, «deve essere assunta con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano». Lo stesso principio vale per la comunicazione delle forze di polizia giudiziaria: «Il procuratore della Repubblica può autorizzare gli ufficiali di polizia a fornire, tramite propri comunicati ufficiali oppure proprie conferenze stampa, informazioni sugli atti di indagine compiuti o ai quali hanno partecipato»; «l’autorizzazione è rilasciata con atto motivato in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano».
L’articolo 4 prevede inoltre che nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato (ad esempio quelli cautelari), la persona sottoposta a indagini o l’imputato non possono essere indicati come colpevoli fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza definitiva. Un ulteriore aspetto molto importante, fortemente sponsorizzato da Costa, è che «sia specificato all’articolo 314 del codice di procedura penale che la condotta dell’indagato che in sede di interrogatorio si sia avvalso della facoltà di non rispondere non costituisce, ai fini del riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, elemento causale della custodia cautelare subita». Dunque con cinque anni di ritardo rispetto all’emanazione europea, finalmente il nostro Paese riscrive il rapporto tra organi requirenti e giornalisti; certo ora bisognerà vigilare sull’applicazione della norma. Basti pensare che già l’attuale norma, per esempio, prevede che ogni informazione inerente l’attività della Procura deve essere impersonale e che è vietato per i magistrati della Procura rilasciare dichiarazione sull’attività giudiziaria dell’ufficio.
Ma questo previsione è stata sempre aggirata, anche grazie alle mancate segnalazioni del Procuratore al Consiglio giudiziario. Forse ora la magistratura ha capito che bisogna cambiare passo: persino il Csm ieri ha dato il via libera al testo del Governo, approvato a larga maggioranza, con i soli voti contrari dei togati Nino di Matteo e Sebastiano Ardita e 3 astensioni. Il parere, come aveva spiegato la relatrice, la togata di Magistratura indipendente Loredana Micciché, «esprime apprezzamento per la trasposizione positiva del principio di non colpevolezza» ma «evidenzia alcune criticità tecniche» quali «la difficoltà di individuazione dei provvedimenti giudiziari che ricadono nel divieto di rappresentare l’imputato come colpevole» e «il rischio che il procedimento di correzione previsto per eliminare i riferimenti alla colpevolezza aggravi eccessivamente gli uffici giudiziari».
Così commenta al Riformista il responsabile giustizia di Azione, Enrico Costa: «È una giornata storica perché diventa legge quello che noi abbiamo sempre auspicato, ossia il rispetto dei principi che evitino la spettacolarizzazione delle inchieste, il protagonismo di alcuni magistrati, il marchio indelebile sulle persone per il solo fatto di essere indagate». Come sappiamo è stata la testardaggine di Costa a portare a questo risultato, oltre all’input dato dalla Ministra nelle sue linee programmatiche alle Camere. «Questo è un percorso che ha visto Azione impegnati dall’inizio – prosegue Costa – e questo obiettivo raggiunto ci rende orgogliosi».
In merito al diritto al silenzio conclude: «Ricordo quando presentai un emendamento sul tema, approvato a scrutinio segreto alla Camera: irritò moltissimo il Governo giallo-verde. Inserire nell’ordinamento un principio di questo genere è un risultato importantissimo per me. Tra il diritto all’oblio, seppur in attesa del decreto legislativo, le spese legali per gli assolti, seppur anche qui in attesa del decreto ministeriale, oggi (ieri, ndr) con questa norma nel giro di neanche un anno abbiamo fatto una tripletta molto importante per rafforzare ed implementare le garanzie dello Stato di diritto». A proposito delle riforme in atto, ieri con un tweet il commissario europeo alla Giustizia, Didier Reynders, dopo il suo incontro a Roma con la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, ha dichiarato: «Le riforme della Giustizia in Italia sono ambiziose e mostrano impegni chiari. Sarà fondamentale un ampio monitoraggio per valutarne l’efficacia sul campo».
© Riproduzione riservata