Dovrebbe mettere da parte la rabbia e invece far festa in questi giorni Beppe Grillo, e fare un applauso al Senato che ha votato in via definitiva l’ingresso nella legge italiana della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di innocenza. Una vera rivoluzione, in un Paese in cui l’articolo 27 della Costituzione è violato ogni giorno da conferenze stampa di pubblici ministeri che annunciano di aver sgominato la cosca di Tizio e Caio, e giù nomi e cognomi dei “colpevoli”.

Un Paese in cui una torma di giornalisti amici dei pm e di editori terrorizzati dagli stessi pm e dal loro potere di indagine e di manette mette alla gogna gli imputati sui giornali e negli show televisivi. Il Paese della vergogna con cui fu trattato dalla giustizia e dall’informazione Enzo Tortora, ma molto prima anche Piero Valpreda, quando un fotografo gli gridò “Alza la capocchia, mostro!”. Il Paese in cui un gruppo di pubblici ministeri milanesi si presentò davanti alle telecamere a protestare di non poter tenere in carcere cittadini innocenti secondo la costituzione perché in attesa di giudizio. Quei cittadini furono esibiti come colpevoli senza che nessuno battesse ciglio.

Va ricordato che Ciro Grillo, figlio di Beppe e accusato insieme a tre suoi amici di aver stuprato una ragazza durante una vacanza in Sardegna di due anni fa, non ha subito nulla di tutto ciò. Anzi, ha goduto di due anni di silenzio da parte della procura di Tempio Pausania e di grande riservatezza: nessun atto giudiziario depositato in edicola, nessuna intercettazione sulle pagine di Repubblica o del Fatto quotidiano. Eppure i tempi non sono cambiati, basta dare un’occhiata a qualche puntata di Report sulla Regione Lombardia. Certo, la direttiva europea del 2016 non si rivolge direttamente alla stampa, ma prosciuga alla fonte l’acqua della gogna mediatica. C’è persino da vergognarsi del fatto che ci sia stato bisogno di farsi tirare le orecchie dall’Europa per decidersi a recepire la direttiva europea, anche se con cinque anni di ritardo, perché il ministro Bonafede e i parlamentari del Movimento cinque stelle si erano sempre posti contro il provvedimento.

Così l’Italia, culla del diritto, era rimasta a fare il fanalino di coda in Europa, nonostante l’articolo 27 della Costituzione sia chiarissimo sulla presunzione di non colpevolezza. C’è da arrossire a rileggere i principi di civiltà della direttiva, laddove prevede che gli Stati membri dell’Europa adottino «le misure necessarie a garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza, non presentino la persona come colpevole». Per autorità pubbliche si intendono magistrati e poliziotti, ma anche ministri ed esponenti politici. Le fonti da cui sgorga l’acqua della gogna mediatica. Ora la parola passa alla ministra Cartabia per l’emanazione dei decreti attuativi. Fate presto.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.