La questione meridionale
Gli articoli di Giancarlo Siani fanno onore a lui ma non ai politici
Il terremoto dell’80 e il Covid di questi anni, la deindustrializzazione che portò alla chiusura delle fabbriche da Bagnoli a San Giovanni a Teduccio e la crisi economica del nuovo Millennio, la disoccupazione e l’avanzare della camorra. La storia di quarant’anni fa si sovrappone a quella di oggi. È una sovrapposizione che produce amarezza, fastidio, rabbia per certi versi, uno stupore triste e severo. Una sensazione che è difficile non provare leggendo gli articoli scritti da Giancarlo Siani, il giornalista vittima innocente della camorra, assassinato il 23 settembre 1985. Lo spunto lo dà “Il lavoro”, il libro a cura dal professor Isaia Sales, che raccoglie 57 articoli che il giovanissimo cronista firmò tra il 1980 e il 1985 seguendo le due grandi questioni sociali che in quegli anni interessavano Napoli e la sua area metropolitana: la spietata crisi industriale che comportava la scomparsa di interi comparti produttivi e l’affermarsi dei clan di camorra come mai era avvenuto nel passato. «Sottolineare l’estrema modernità di quello che ha scritto Siani, l’efficacia e la modernità dei suoi articoli fa onore alla sua memoria ma non fa onore a noi».
Il sindaco Gaetano Manfredi lo dice con toni pacati ma è roba da far ribollire il sangue nelle vene. Possibile che nulla o quasi sia cambiato in questa città e nella sua enorme provincia? Possibile che quando si parla di mancanza di lavoro, lavoro precario, caporalato, mancanza di sicurezza, camorra, condizioni sociali ed economiche che favoriscono l’inserimento delle mafie nei processi produttivi si giri intorno a un triste corsi e ricorsi storici? «Non c’è politica più anticamorra di una politica di sviluppo del Mezzogiorno» dice Manfredi pronunciando parole chiave: «salario giusto», «condizioni di lavoro che garantiscono i diritti dei lavoratori», «crescita» e «riduzione di divari insopportabile». Utopie, se le si confronta con la realtà. Siani lo scriveva nel 1980, ma potrebbe averlo fatto ieri: firmava reportage da fabbriche in crisi, pubblicava resoconti di manifestazioni di protesta degli operai, intervistava sindacalisti, studenti e disoccupati, scriveva analisi e soluzioni per contrastare la chiusura di centinaia di fabbriche di tutti i distretti industriali campani con la perdita di migliaia di posti di lavoro.
«Per vederci chiaro ci siamo recati sul posto» diceva Giancarlo, spesso lo scriveva proprio nell’attacco dei suoi articoli. Per molti cronisti è una lezione di giornalismo, dovrebbe essere una lezione anche per i politici. Andare sul posto vuol dire vedere con i propri occhi, osservare la realtà senza filtri. «Gli articoli di Giancarlo sono molto efficaci – commenta il sindaco Manfredi – Molti dei suoi articoli potrebbero essere stati scritti oggi. Basta cambiare il nome della fabbrica, del responsabile sindacale o del politico di turno e si scriverebbero esattamente le stesse cose: i problemi della sicurezza sul lavoro, il conflitto latente tra il Nord produttivo e il Sud abbandonato sono temi che sono gli stessi da quarant’anni e – ammette Manfredi – colpisce. Colpisce che alcuni problemi strutturali e alcune scelte politiche, la sofferenza delle persone, la mancanza di opportunità, malgrado tante parole, negli ultimi decenni non siano assolutamente cambiati».
È una sconfitta della politica, ma anche dei nostri territori. «Vuol dire – aggiunge il sindaco – che in tutti questi anni non siamo stati capaci di cambiare le condizioni che hanno portato difficoltà nelle nostre terre e Giancarlo alla morte. Non si può permettere che si conservino o addirittura si amplifichino i divari che c’erano quarant’anni fa. Sarebbe una nuova sconfitta, per tutti».
Testimoniando il legame che esiste tra la questione economica e produttiva, quella urbana e quella criminale, Siani aveva individuato il filo che unisce tutto. «Gli articoli del giovane giornalista ci insegnano che alcune cose del passato non passano. Leggerli nella maniera adatta può aiutare ad apprendere la lezione» afferma Isaia Sales, docente, saggista e studioso di camorra, autore del libro. «Io li farei leggere a una trentina di persone della classe dirigente del Paese». Anche noi.
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