Non è solo una questione di decoro e riqualificazione e di espressione artistica. A Napoli i murales – la città del maestro Felice Pignataro, delle scorribande di Ernest Pignon-Ernest, dell’unico Banksy in Italia – sono ormai argomento di dibattito quasi quotidiano. Si fa politica, retorica, filippica intorno ai disegni colorati, agli stencil, alle gigantografie sui muri. E la querelle, trasversale, gira intorno al solito tema: la città di Gomorra, la criminalità, la legalità e i più giovani.

I nervi sono saltati negli ultimi mesi del 2020, quando tra Quartieri Spagnoli e Centro Storico sono apparse due opere molto discusse. Entrambi primi piani. Il primo di Ugo Russo, 15 anni, ucciso dai colpi di pistola di un carabiniere fuori servizio mentre tentava di rapinarlo, il primo marzo 2020. Il secondo di Luigi Caiafa, 17enne, ucciso dai colpi di pistola di un poliziotto mentre cercava di rapinare tre persone a bordo di una Mercedes in via Duomo. “Vanno cancellati, ispirano alla malavita!”, hanno detto alcuni tra osservatori e politici. Sono l’equivalente moderno delle edicole votive, hanno detto altri. Naturalmente: solo leggermente più grandi e vistosi, in verità.

Il Comune intanto nicchia. Non prende decisioni. Dopo le prime settimane il dibattito si affievolisce fino a spegnersi. Poi arriva Natale, e il 31 dicembre, all’una e 15 di notte, Ciro Caiafa, padre di Ugo, 40 anni, viene ucciso a colpi di pistola in un appartamento in via Sedil Capuano. Era ritenuto elemento di spicco del clan Mazzanti-Terracciano del Centro Storico. E quindi scoppia di nuovo la polemica: i murales di quelli che sono diventati “baby rapinatori” vanno cancellati.

Gli autori dei due murales sono Leticia Mandragora“un volto non può offendere un altro volto” – e Mario Casti“Un altro ragazzo della nostra città che ci ha lasciato …… e le persone ancora si domandano???? Ancora una volta sono pronte a giudicare …. a puntare il dito”. A loro tocca il destino dei writer delle origini, dei primi tag a New York, di quelli che esercitavano nell’illegalità e come criminali era tacciati. Usurpatori del patrimonio, altro che artisti e decoro – naturalmente in questo caso è tutta un’altra storia. Un’accusa destinata ad aumentare dopo che si è venuto a sapere che il cosiddetto Murales della Legalità dedicato a Giancarlo Siani, il giornalista ucciso dalla Camorra dal 1985, è stato cancellato.

Si trovava all’interno dell’Istituto Comprensivo Gabelli, nel centro di Napoli – un altro più famoso si trova al Vomero, via Romaniello, realizzato dagli Orticanoodles. “La dirigenza della scuola ha così deciso di cancellare, immotivatamente e senza alcuna richiesta, un pezzo di legalità che abbelliva l’animo e l’estetica della scuola stessa e non solo, ritinteggiando di bianco la parete che ospitava l’opera”, ha denunciato l’artista Nicholas Tolosa. La dirigente Carmela Mannarelli a Dire ha confessato di non saperne nulla, di non aver mai visto l’opera (si è insediata lo scorso settembre), di aver saputo che una ritinteggiatura era necessaria per il logoramento della parete causata da pioggia e infiltrazioni. È servito a poco, la polemica è ripartita e in molti hanno accusato: “Cancellato il murales in onore di Gianfranco Siani e invece restano quelli dei baby rapinatori”.

Antonio Lamorte

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