Sarebbe bastata l’evidenza dei numeri a smontare il tanto strombazzato laboratorio Pd-M5S e a smentire la narrazione trionfalistica alimentata dai vertici dei due partiti dopo l’elezione di Gaetano Manfredi a sindaco di Napoli. Ieri, però, l’alleanza organica sperimentata da dem e pentastellati alle comunali è stata letteralmente bombardata da Vincenzo De Luca: «Pd e M5S raggiungono insieme il 22% dei consensi. Per arrivare al 62 manca quel fronte moderato e civico che è poi risultato determinante: ha vinto la linea della Regione, cioè quella di partire dalla coalizione regionale aggiungendo il M5S che non è determinante né qui né in Italia».

Sul palco del Teatro Bellini, sede della kermesse di apertura del Festival della storia, il presidente campano non è stato tenero con i suoi compagni di partito né con i suoi nuovi alleati pentastellati, “rei” entrambi di aver utilizzato toni troppo entusiastici nel commentare il successo elettorale del centrosinistra a guida Manfredi. «Qualche esponente del Pd è abituato a dire idiozie, visto che in città il partito ha il 12,2%», ha sottolineato De Luca prima di ironizzare anche sulla performance dei pentastellati che non hanno raggiunto nemmeno il 10%: «Lunedì sera, a Napoli, ho visto più dirigenti che voti del M5S». Conclusione: ad aver trascinato Manfredi a Palazzo San Giacomo non è stato il patto Pd-M5S, ma quella strategia basata sulle liste civiche che, un anno fa, ha consentito a De Luca di confermarsi alla guida della Regione con il 70% dei voti. Certo, l’aggiunta del M5S ha irrobustito il progetto ma non si è rivelata affatto decisiva.

Ma che senso hanno le parole di De Luca? Di sicuro quello di rivendicare una centralità nel quadro politico non solo napoletano e campano, ma anche nazionale. Già, perché il governatore non si è limitato a riaffermare il proprio ruolo di deus ex machina della politica regionale, ma ha fatto capire di avere le idee chiare anche sul futuro del centrosinistra. Dal palco del Bellini, infatti, ha ribadito la necessità di superare Pd e M5S per dare vita a un unico partito riformista e socialdemocratico che punti su tre argomenti: occupazione, lotta alla burocrazia e sicurezza. E non è un caso che De Luca abbia toccato quest’ultimo tasto all’indomani dell’ennesimo omicidio di camorra nella periferia orientale di Napoli: «Dobbiamo rispondere a un bisogno di sicurezza – ha detto il governatore – che troppo spesso la sinistra confonde con la repressione». Che quello della sicurezza fosse un’importante freccia all’arco di De Luca, d’altra parte, si era capito quando il presidente della Regione (e non il neo-sindaco Manfredi) aveva annunciato la nomina di Antonio De Iesu ad assessore comunale con delega proprio alla sicurezza. Così, dunque, De Luca punta a centrare due obiettivi: “mettere le mani” su Napoli e, nello stesso tempo, garantirsi un orizzonte politico oltre la Campania e il capoluogo.

Chissà cosa ne avrà pensato Manfredi che da settimane non fa altro che rivendicare la propria autonomia dai partiti e da Palazzo Santa Lucia. Nemmeno il tempo di essere eletto, però, che il sindaco deve confrontarsi con le prime fibrillazioni all’interno della coalizione. Da una parte deve fare i conti col gigantismo di De Luca che vuole imporgli la “sua” linea della concretezza e del pragmatismo, prima ancora che gli assessori; dall’altra, invece, a tirarlo per la giacchetta sono il Pd e il M5S che puntano a un riconoscimento del ruolo svolto in campagna elettorale. Resta da vedere se queste fibrillazioni incideranno sulla nascita della giunta. Al momento Manfredi difende spazi di autonomia e parla di “metodo Draghi” annunciando l’intenzione di piazzare tecnici di alto livello negli assessorati chiave, come il presidente degli ingegneri Edoardo Cosenza alle Infrastrutture. Nello stesso tempo, però, De Luca gli ha “imposto” De Iesu e il Pd spinge per la nomina del presidente napoletano Paolo Mancuso e di Enza Amato che, dimettendosi dal Consiglio, farebbe spazio a Tommaso Nugnes. Si vedrà: la nomina della giunta farà capire chi comanda realmente a Napoli.

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Classe 1987, giornalista professionista, ha cominciato a collaborare con diverse testate giornalistiche quando ancora era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza dell'università Federico II di Napoli dove si è successivamente laureato. Per undici anni corrispondente del Mattino dalla penisola sorrentina, ha lavorato anche come addetto stampa e social media manager prima di cominciare, nel 2019, la sua esperienza al Riformista.