C’è chi continua imperterrito a distinguere tra malattia e contagio. E quindi a distinguere partendo innanzitutto dai sintomi che il coronavirus può scatenare. Per farla breve: chi mostra e soffre i sintomi è malato; chi non mostra e non soffre sintomi non è malato. E non è detto nemmeno sia contagioso. Anzi: molto probabilmente non sarà nemmeno contagioso. Sarebbe meglio, sarebbe bello per i tanti contagiati guariti e per quelli ancora sofferenti che ancora devono superare la malattia. Eppure, tali affermazioni si piazzano a metà tra il negazionismo e il pressappochismo. Ci sono invece diversi studi che riguardano i cosiddetti “danni invisibili” del coronavirus.

“Invisibili” perché riguardano chi non ha mai avuto una linea di febbre, mai fatto un colpo di tosse, mai perso nemmeno per un pranzo o uno snack il senso del gusto. Asintomatici o paucisintomatici, come abbiamo imparato a definirli negli ultimi mesi. Ecco, alcuni studi ipotizzano e dimostrano come il coronavirus può lasciare i suoi strascichi, più o meno gravi, anche su questi. Uno studio condotto sulla nave da crociera Diamond Princess – la nave messa in quarantena, lo scorso marzo, nel porto di Yokohama, con 705 positivi a bordo – ha rilevato come su 76 soggetti sui quali il coronavirus non aveva provocato alcun sintomo, ha invece causato lesioni polmonari sul 54% degli stessi.

E ancora: Aileen Marty, professoressa di malattie infettive presso la Florida International University, ha potuto notare, negli ospedali dove lavora, che il 67% delle persone positive ma asintomatiche soffrono delle conseguenze polmonari verificabili mediante TAC. Non si può affermare con certezza, si legge nell’articolo su WebMD, cosa significhino tali variazioni; se persisteranno, se formeranno tessuto cicatriziale o semplicemente guariranno e scompariranno con il tempo. Se non è chiara l’incidenza e la frequenza di tali danni, è intanto chiaro che la migliore forma di prevenzione per tutto l’organismo è rispettare le distanze, usare i dispositivi di protezione, non abbassare la guardia e quindi ridurre le opportunità di contagio.

Non sono esenti i bambini, da questa casistica, di solito descritti come la fascia meno a rischio. Uno studio messo a punto in Cina, e citato nello stesso articolo, su bambini asintomatici tra gli 11 mesi e i 14 anni ha evidenziato come molti di questi presentassero opacità e quindi lesioni tipicamente legate a infezioni polmonari. Anche il cuore può subire delle conseguenze: Valentina Puntmann, dell’University Hospital Frankfurt, Germania, ha studiato gli effetti su 100 pazienti recentemente guariti, tra cui 18 asintomatici, 78 dei quali hanno mostrato segni di anomalie cardiache, con elevati livelli di troponina, proteine rilasciate dal muscolo cardiaco quando è danneggiato. Proprio tra gli asintomatici alcuni tra i livelli più alti misurati nella ricerca. Conseguenze probabilmente dovute anche al fatto che sui tessuti del cuore è presente in abbondanza l’Ace2, recettore del virus. Gli asintomatici sono “una porzione di persone molto grande di persone, e anche se non hanno sintomi, stanno subendo colpi all’interno del loro corpo e non ne sono neanche a conoscenza”, ha dichiarato a tal proposito, Eric Topol, fondatore e direttore dello Scripps Translational Research Institute in La Jolla, California.

Antonio Lamorte

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