Un anno fa
Grazie Mario per quella sfida quasi impossibile
Un anno fa le dimissioni del premier con maggiore credibilità internazionale dai tempi di De Gasperi. Dalla gestione della guerra al cambio di passo su vaccini e pandemia: cosa valorizzare del suo governo
Sembra ieri eppure è già passato un anno.
Proprio il 21 luglio 2022, Mario Draghi saliva al Quirinale per rassegnare – anzi reiterare – le proprie dimissioni.
E si apriva la strada per le elezioni anticipate. Elezioni vinte a mani basse da Giorgia Meloni grazie anche alla strategia di Enrico Letta che definire autolesionista è riduttivo: il tecnocrate pisano è entrato nei manuali di storia della strategia politica con i suoi autogol. A Sciences Po non lo hanno richiamato, ma state sicuri (sicuri, non sereni) che in tutte le università del mondo si evidenzierà questo capolavoro masochista.
Torniamo a Draghi, che è meglio. Un anno dopo che cosa valorizziamo dell’esperienza a Palazzo Chigi dell’ex Presidente della Banca Centrale Europea? Indico tre punti, in modo sommario.
Il primo. L’autorevolezza internazionale. Giorgia Meloni continua a dire che l’Italia adesso è rispettata in Europa. Ma sfiora il ridicolo: prima di lei non c’era un Carneade qualsiasi ma il più rispettato tra i leader italiani. “Quando parla Draghi, prendiamo appunti – mi disse un capo di governo tra i 27 che partecipavano al Consiglio Europeo – mentre quando parlava Conte, prendevamo il caffè”. La prima cosa che resta dunque è la sensazione di aver avuto una leadership autorevole e riconosciuta.
Il secondo. Il cambio di passo su vaccini e pandemia. Con Conte questo Paese era diventato il festival dell’improvvisazione. Le decisioni erano prese in un mix di populismo ideologico e paternalismo compassionevole. Le zone d’ombra troppe, dalla vicenda dei soldati russi a Bergamo fino ai banchi a rotelle e lo strano mercimonio su alcune forniture. Con Draghi è arrivato il Generale Figliuolo ed è tornata in campo la Protezione Civile che Palazzo Chigi aveva inspiegabilmente oscurato durante la presidenza dell’avvocato del popolo. O del populismo, che dir si voglia.
Il terzo. Il senso di sollievo – quasi fisico – per lo scampato pericolo. Se durante i giorni dell’invasione russa in Ucraina al Governo ci fosse stato Giuseppe Conte non so come si sarebbe posizionata l’Italia nello scacchiere mondiale. Meno male che abbiamo aperto una crisi – durissima – per sostituire Conte con Draghi. La decisione di rischiare l’osso del collo, contro tutto e contro tutti, è stata provvidenziale. Non sono mai stato così tanto orgoglioso di Italia Viva come in quei momenti. E aver mandato a casa Conte in quel modo resterà a lungo una soddisfazione profonda.
Mario Draghi è stato il premier con maggiore credibilità internazionale dai tempi di De Gasperi. Si può discutere delle cose che ha fatto e di quelle che non ha fatto. Ma un anno dopo le sue dimissioni quelli come noi che hanno lavorato duro per portarlo a Palazzo Chigi non possono che dirgli grazie per aver accettato quella sfida che sembrava quasi impossibile.
Grazie Mario, grazie di tutto.
© Riproduzione riservata






