Omar al-Bashir, l’ex dittatore sudanese, è fuori dal carcere. Spodestato dopo 30 anni al potere nel 2019, il despota sarebbe stato trasferito in un ospedale militare prima che scoppiasse il conflitto fra esercito e forze paramilitare in Sudan, come fatto sapere dall’esercito e riportato dall’agenzia Associated Press.

Si rompe così il silenzio sulle sorti dell’ex dittatore dopo due settimane dall’inizio del conflitto nel Paese, in particolare nella capitale Khartoum, tra l’esercito regolare fedele al generale e presidente non eletto Abdel Fattah Durhan e i miliziani dell’Rsf, le Forze di supporto rapido del generale Mohammed Dagalo, il vicepresidente noto anche come Hemedti.

Le forze armate hanno riferito che al-Bashir, assieme all’ex ministro della Difesa Abdel-Rahim Muhammad Hussein e ad altri ex funzionari erano stati trasferiti dal carcere Kober nell’ospedale militare Aliyaa prima dell’inizio degli scontri il 15 aprile.

L’esercito ha fatto sapere in un comunicato che l’ex dittatore ed altri esponenti del regime spodestato dopo la rivolta popolar del 2019 sono ricoverati “a causa delle loro condizioni di salute… e rimangono in ospedale sotto la guardia della polizia giudiziaria”.

Al-Bashir così come Hussein, è ricercato dalla Corte penale internazionale con l’accusa di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra legati al conflitto nel Darfur.

Ma fuori dal carcere di Kober si trova anche un altro nome importante dell’ex regime di al-Bashir: Ahmad Harun, l’ex capo delle milizie dei “janjaweed” e anche lui accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità per il conflitto del 2003 nel Darfur. Harun ha annunciato di essere libero in una dichiarazione trasmessa dall’emittente Tayba Tv: l’ex capo dei “diavoli a cavallo”, come venivano definiti i miliziani della janjaweed, ha inoltre dichiarato al quotidiano quotidiano “Al Sudani” che “si arrenderanno alle autorità giudiziarie quando la situazione lo consentirà“, invitando gli ex militanti a prendere posizione a favore delle Forze armate sudanesi (Saf), dunque del presidente Abdel Fattah Durhan.

Redazione

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