L'omologo sovranista con cui l'Italia fa patti
Chi è Kaïs Saïed, il Salvini tunisino che fa affari con Meloni: caccia ai migranti, xenofobia e Paese alla fame
Un sovranista xenofobo impiantato in Tunisia. Vuole cacciare i migranti subsahariani perché “impuri” etnicamente e per di più non islamici. Ha liquidato ciò che resta della “rivoluzione dei gelsomini” e con la sua politica dissennata si sta rivelando uno dei più efficaci “pull factor” per la fuga di migliaia di tunisini, in stragrande maggioranza giovani, che riempiono, e spesso muoiono, la “rotta mediterranea”.
Si tratta del presidente Kais Saied. L’uomo che così tanto piace ai sovranisti al governo in Italia. Che vedono in lui un gendarme a cui affidare il lavoro sporco al posto nostro. Ma non è solo questo. È che l’ “Orban del Mediterraneo” è anche culturalmente affine al pensiero, più o meno esternato, di premier e ministri insediati a Roma. Ai quali poco o nulla importa che l’autocrate in questione abbia aperto la caccia al migrante, che abbia dato il suo contributo al default finanziario in cui versa il Paese nordafricano. L’importante è l’assonanza nella lotta ai migranti, brutti, sporchi e cattivi.
In Tunisia scarseggiano da mesi beni di prima necessità come il petrolio, lo zucchero, il latte e il burro. I carichi di grano e altri alimenti sono stati spesso rispediti indietro per mancanza di risorse. Il tasso di inflazione viaggia ormai sulla doppia cifra e la disoccupazione giovanile è in sensibile crescita. Di fronte a questa catastrofe sociale, “l’uomo di Roma” trapiantato a Tunisi non trova di meglio (altra assonanza transmediterranea) che fare dei migranti (africani) il capro espiatorio di tutti i mali che investano il Paese (africano). E così il 21 febbraio il presidente Saied si è lanciato in un discorso xenofobo in cui ha parlato di “orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana” arrivati in Tunisia, portando “la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati”.
Il capo di Stato l’ha definita una situazione “innaturale”, parte di un disegno criminale per “cambiare la composizione demografica” e fare della Tunisia “un altro Stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico”, dato che tali migranti sono spesso di religione cristiana. Parole che hanno innescato un’ondata di violenze contro i migranti subsahariani e spinto diversi Paesi dell’Africa occidentale a organizzare voli di rimpatrio per i cittadini timorosi. Molti dei circa 21mila migranti dell’Africa subsahariana che vivono in Tunisia si sono ritrovati senza lavoro e senza casa.
Domanda: ma voi affidereste a un personaggio simile miliardi di euro per risollevare un Paese in ginocchio? La risposta di chi governa oggi l’Italia è “sì, nessun problema”. Lo afferma la presidente Meloni, lo ribadiscono il ministro degli Esteri, Tajani, e il suo collega all’Interno, Piantedosi. «Se la Tunisia crolla del tutto si rischia una catastrofe umanitaria, con 900mila rifugiati, avverte la presidente del Consiglio Giorgia Meloni prendendo la parola al recente Consiglio Europeo». «Gli arrivi sono triplicati, in estate la situazione rischia di essere fuori controllo», ha aggiunto. Nelle conclusioni finali i capi di Stato e di governo hanno deciso di riaggiornare l’argomento al vertice di giugno. Alla faccia dell’emergenza.
«Sono due mesi che stiamo dicendo, in tutti i tavoli internazionali, quello che sta per accadere: dobbiamo aiutare la Tunisia con finanziamenti da parte di Fmi e Banca mondiale, dando almeno i primi aiuti in attesa delle riforme e di una verifica dei passi avanti. Ormai è un cane che si morde la coda, l’emergenza finanziaria alimenta quella dei migranti». Queste le parole del ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervistato dal Corriere della Sera. «Non commettiamo l’errore di lasciare la Tunisia ai Fratelli musulmani», ha aggiunto Tajani. Meglio affidarsi al fustigatore di migranti.
Docente di diritto costituzionale indipendente dai partiti, Saied è stato eletto a palazzo di Cartagine nell’ottobre 2019 con un programma di riforme anticasta e anticorruzione, in nome della democrazia diretta. In tre anni e mezzo di iperpresidenzialismo ha liquidato il vecchio governo, i partiti, parlamento e magistratura, mandando in soffitta la costituzione del 2014 con un referendum poco partecipato e inducendo elezioni parlamentari boicottate dall’opposizione cui ha partecipato solo l’11% della popolazione. Forse a Roma c’è chi è rimasto affascinato dal “presidenzialismo alla tunisina”.
Un altro che è rimasto folgorato sulla via di Tunisi è Matteo Piantedosi. In Tunisia «c’è una grave crisi economica, sociale e di tenuta ma il Paese sta comunque facendo molto per contenere il fenomeno migratorio. Nonostante i numeri siano molto alti, quasi da record, se non ci fosse stata l’attività di prevenzione da parte della Tunisia sarebbero stati quasi il doppio», si lascia andare il titolare del Viminale intervenuto all’evento ‘Legalità Ci Piace!’ organizzato da Confcommercio. Che diavolo stia facendo Saied per contenere il fenomeno migratorio, Piantedosi non lo specifica. E quel che si sa non è proprio edificante. Ma chissene…, pensano i securisti di governo.
Se serve a portare avanti l’esternalizzazione dei confini e alla politica dei respingimenti in mare (modello guardia costiera libica) anche Saied può essere destinatario dei miliardi dell’Europa (come Erdogan) e referente del “Piano Africa” narrato da Palazzo Chigi. Ma l’instancabile ministro una idea, securitaria, sul da farsi ce l’ha. E la delinea nel “Piano d’azione” anti migranti che sta mettendo a punto: potenziare il pattugliamento delle coste tunisine e l’impegno degli 007 per ostacolare la costruzione di navi e barchini. Quanto a Matteo Salvini, resta un po’ defilato anche per non ricadere nella “crisi del citofono”. Di cosa si tratta? Un passo indietro nel tempo. Ventidue gennaio 2020. Da un lancio dell’Agi: «Ha aperto una crisi diplomatica con la Tunisia l’iniziativa di Matteo Salvini che ieri, su segnalazione di alcune famiglie della zona, ha citofonato a una famiglia tunisina nel quartiere Pilastro di Bologna per domandare, accompagnato dalle telecamere e alcuni residenti, se le persone residenti nell’appartamento spacciassero droga. Un exploit che il vicepresidente del Parlamento di Tunisi, Osama Sghaier, in un’intervista a Radio Capital, ha definito «un atteggiamento razzista e vergognoso che mina i rapporti tra Italia e Tunisia».
«Salvini è un irresponsabile», dice Sghaier, «perché non è la prima volta che prende atteggiamenti vergognosi nei confronti della popolazione tunisina. Lui continua a essere razzista e mina le relazioni che ci sono tra la popolazione italiana e la nostra. I nostri paesi hanno ottimi rapporti. I tunisini in Italia pagano le tasse e quelle tasse servono anche a pagare lo stipendio di Salvini. Dunque, si tratta di un gesto puramente razzista». Chissà se il presidente Saied sposerebbe queste considerazioni. Ne dubitiamo.
Oltre 20 associazioni della società civile tunisina capitanate dal Forum tunisino per i diritti economici e sociali (Ftdes) hanno denunciato in un comunicato congiunto gli arresti arbitrari condotti dalle autorità tunisine nei confronti dei migranti subsahariani in Tunisia e chiedono al governo di «aggiornare e sviluppare un quadro giuridico in materia di immigrazione e asilo per allinearlo agli standard internazionali, nonché di dare priorità all’avvio di una strategia nazionale sull’immigrazione che garantisca l’integrazione e la protezione di diritti. Negli ultimi giorni più di 300 migranti sono stati arrestati, a seguito di un controllo di identità o per la loro presenza in tribunale a sostegno dei loro parenti – scrive il Forum – allo stesso tempo, lo Stato tunisino sta facendo orecchie da mercante all’aumento di discorsi odiosi e razzisti sui social network e in alcuni media, che prendono di mira specificamente i migranti dall’Africa sub-sahariana; questo discorso odioso e razzista è persino portato da alcuni partiti politici, che svolgono azioni di propaganda sul campo agevolate dalle autorità regionali». Siamo in Tunisia. Ma non è che in Italia la musica sia tanto diversa.
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