Ieri la Commissione europea ha annunciato che “prevede un prestito eccezionale fino a 35 miliardi di euro”, proponendo di istituire un meccanismo di cooperazione per i prestiti all’Ucraina che sosterrà l’Ue e i partner del G7 nell’emissione di prestiti fino a 45 miliardi di euro. Secondo quanto stimato da Bruxelles, dall’inizio della guerra, l’Ue e i suoi Stati membri hanno mobilitato 118,3 miliardi di euro in assistenza umanitaria, finanziaria e militare all’Ucraina (45,6 miliardi per sostegno al bilancio, risposta alle crisi, assistenza economica, per la ripresa e umanitaria, nonché prestiti e garanzie di bilancio; 12,2 miliardi di assistenza bilaterale dai 27 Stati membri; 43,5 miliardi in aiuti militari, compresi i finanziamenti del Fondo europeo per la pace; 17 miliardi per sostenere le persone in fuga dall’Ucraina).

Armi Ucraina, la tragicommedia dem

Gli aiuti economici non coprono però la figuraccia, tutta politica, offerta nel Parlamento europeo dagli eurodeputati italiani. Quelli del Pd in particolare sono riusciti a fare della votazione sul sostegno militare a Kiev una pagina che va raccontata. Con i fatti. Perché i retroscena non servono quando è sulla scena, sul palco, davanti a tutti che si consuma la tragicommedia della politica. Ispirata un po’ da Kafka, un po’ da Ibsen e il resto da Ionesco, la sceneggiatura del Pd in Europa riesce dove non era mai arrivato nessuno: i 21 eurodeputati dem votano sull’Ucraina in otto modalità diverse.

La segretaria Elly Schlein aveva dato indicazione di opporsi alla dichiarazione di guerra alla Russia. I 21 interpretano l’indicazione ciascuno a modo suo. Anche perché nella mozione, divisa per articoli, l’ottavo prevede il via libera all’uso delle armi date all’Ucraina per tutte le operazioni che l’esercito di Zelensky reputi adeguate all’autodifesa, incluse le operazioni in territorio russo. Quasi sempre, a pensarci bene, i missili che colpiscono l’Ucraina provengono dalla Russia, ma è un fatto che a molti sembra sfuggire. Da quei missili gli ucraini dovrebbero imparare a difendersi diversamente, senza colpire le piattaforme missilistiche da cui partono. Intercettandoli in volo, per esempio. Oppure imparando a scansarsi per tempo, quando arrivano. Ed è quello che sottoscrivono con il loro voto gli eurodem Benifei, Corrado, Decaro, Laureti, Ricci, Ruotolo, Zan e Zingaretti. No all’articolo otto, sì alla risoluzione. Difendersi va bene ma senza dare nell’occhio. E soprattutto senza colpire l’aggressore, ci mancherebbe.

L’autodifesa Ucraina secondo il PD

Sulla cosa Lucia Annunziata inarca il sopracciglio. E nel dubbio, si astiene sull’articolo 8 votando Sì alla risoluzione. Poi ci ripensa. Anzi: ritratta. A tal punto che chiede che il suo pentimento venga messo a verbale: precisa che rispetto all’art.8 è contraria, non astenuta. Ma che sulla mozione vota Sì. Anche perché Matteo Ricci ieri al Riformista ha dichiarato che proprio Annunziata avrebbe contribuito a integrare la mozione con una sua proposta di testo. Accanto ad Annunziata, sugli stessi banchi S&D, siede Cecilia Strada che vota No all’attacco dei missili in terra russa ma Sì al diritto dell’Ucraina a difendersene. Anche qui, sarebbe interessantissimo se l’eurodeputata volesse fornire un esempio di come immagina l’autodifesa di scuole e ospedali messi nel mirino dalle armi balistiche di Mosca. Anche sotto forma di disegno, allo scopo di chiarirci le idee.

I riformisti dem, voterei ma sono in tv

Disperati, guardiamo allora ai rappresentanti della pattuglia dei “riformisti” dem, alle prese con l’arduo compito di votare senza votare, di riuscire a stare da una parte e dall’altra.
E li vediamo mentre brevettano un’acrobazia: Bonaccini, Lupo, Maran, Moretti, Tinagli e Topo non partecipano al voto sul paragrafo estraendo velocemente la scheda dal lettore elettronico delle votazioni, pronti a rimetterla per votare Si alla risoluzione.
Giorgio Gori gira al largo. Rimane in Italia ma se ne rammarica, fa sapere che sarebbe stato animato dalle migliori intenzioni: avrebbe votato Sì alla risoluzione e all’articolo 8 se solo ci fosse stato. Anche Dario Nardella – che sull’Ucraina è sempre stato netto – rimane in Italia, passando da una Tv all’altra, e così purtroppo non può essere lì al momento del voto.

La scheda di Tarquinio hackerata dai russi?

Marco Tarquinio invece c’è. Non vota “per ragioni tecniche” sull’articolo 8 (saremmo curiosi di sapere cosa è capitato alla scheda da usare per le votazioni, in quel momento. Hackerata dai russi?) poi però trova il modo di votare e infatti si astiene sull’insieme della mozione. Solo Pina Picierno e Elisabetta Gualmini – le donne salveranno il mondo, è ormai certo – hanno il coraggio di usare quella scheda per votare Sì al sostegno all’Ucraina e Sì convinto all’articolo 8: di quel sostegno gli ucraini devono disporre per difendersi ovunque. Indifendibili e disarmanti, gli eurodeputati italiani – tutta la Lega, il M5S, Verdi e sinistra, quasi tutta Forza Italia e quasi tutto il Pd – si schierano dalla parte di Orbán e dunque di Putin. La Caporetto dei pacifisti italiani rotola davanti agli occhi allibiti del Parlamento europeo, che per fortuna mostra responsabilità e buon senso, approvando a larghissima maggioranza, con coerenza, mozione e articolo 8. Perfino nel gruppo Socialisti e democratici gli italiani finiscono in minoranza.

Se anche Carola Rackete è favorevole alle armi Ue in Russia…

E ancora più a sinistra. Carola Rackete, la Capitana del Sea Watch 3 diventata un simbolo per la battaglia sui diritti dei migranti, è stata eletta a Bruxelles nel gruppo dell’estrema sinistra ma sul punto scavalca in atlantismo tutta l’arco parlamentare italiano e si schiera a favore dell’uso delle armi europee sul territorio russo.
Oggi alla marcia per la pace di Assisi li vedremo sfilare, in un carnevale di mani candide e coscienze insanguinate, dietro a canti e striscioni variopinti, i pacifinti. Quelli più militanti sono la front-line di quelli veri, trasversali a tutti gli schieramenti: gli irenisti che parlano di pace quando Kiev vuole difendersi e che purtroppo non avevano niente da dire quando in Crimea, in Siria, in Cecenia gli squadroni della morte di Putin sterminavano civili indifesi e annientavano intere città, intere regioni.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.