Gli italiani da anni sono per Putin. I partiti, salvo un pezzo di Forza Italia e di Partito Democratico, con riluttanza e pescimbarilismo anche di FdI, sono per Putin.
Ieri mattina l’Unione europea ha dato luce verde all’uso delle armi a lunga gittata date agli ucraini per difendersi, perché se non puoi far saltare in aria la rampa da cui ti tirano i loro missili a lungo raggio, sarai condannato a perdere. Grande evento cui hanno concorso Fratelli d’Italia, Forza Italia e il Partito Democratico. Hanno votato contro pentastellati e Lega.

Due Putin per mezzo Mattarella

Brava Gorgia Meloni che un tempo pensava male e che per fortuna è intelligente. Quanto alla Lega, di che ti vuoi sorprendere: non era Matteo Salvini quello che voleva scambiare due Putin per mezzo Mattarella? Le operazioni di cambio sia delle magliette con la faccia di Putin che di etica. Il tassista romano mi chiede: “Come andrà ‘sta guèra? Ce la farà Putin a non fasse mette sotto dall’americani?”. I tassisti romani contano più della Treccani. Quando Vladimir Vladimirovic annunciò – dopo averla fieramente negata fino a mezz’ora prima – la sua Operazione Militare Speciale come una tournée dell’Armata Rossa fu così proclamato il nuovo comandamento etico: “Il dovere di arrendersi”. Morire per Danzica? Ma che siamo pazzi? E morire per Kiev? Tre le nostre radici filorusse nonché antiamericane: il fascismo era antiamericano. Il comunismo di Stalin e successori era affascinante (“Ha da venì, Baffone!”) e la Chiesa cattolica, benché spaventata dalle brutalità russe staliniane, restava inflessibile nel ritenere il denaro (e l’odiosa libertà individuale detta individualista) come “sterco del diavolo”.

Le lacrime di Andreotti con la fine dell’Urss

Meglio i russi. Ma con le dovute distanze. I comunisti italiani, esangui di letture francesi e tedesche scherzavano fra di loro sull’assurdità del modo di vivere e pensare russo. E già si allenavano in panchina i comunisti filoamericani. Quando andai a Tripoli per un incontro con il ministro degli esteri di Gheddafi, Ali Abdussalam Trek, ci raccontò che quando si dissolse l’Unione Sovietica Giulio Andreotti era in visita a Tripoli e udita la notizia pianse perché gli americani sarebbero stati padroni unici del pianeta. E Andreotti, l’ho avuto per quattro anni membro della commissione che presiedevo era un filorusso a molti carati.

Tutti pazzi per Putin

Per lungo tempo resse la convenzione secondo cui chi era di sinistra stava con russi e chi di destra con gli americani. Ma era una balla già nei Settanta: con i russi, facevano quattrini a palate legioni di imprenditori del provolone Made in Italy. Finché Putin si limitava a fare il fenomeno tirando palle di neve a Berlusconi e a Prodi, ammazzando i cervi e galoppando come un texano, tutto bene. La destra entusiasta: che volete di più? Ci fa fare i soldi, chi se ne fotte della democrazia tanto quelli sono russi e non sanno nemmeno che cos’è, vale ancora il falso mito di “italiani brava gente” perché il segretario del PCUS Nikita Krusciov aveva sostenuto che non c’era nulla di così simpatico come farsi invadere dagli italiani.

Di Putin era pazzo anche Tony Blair finché Putin non gli fece ammazzare a Londra l’esule Alexander Litvinenko proprio nel giorno in cui questo era diventato cittadino britannico chiamandosi John Carter. Tutti pazzi per Vladimir finché non cominciò a gasare i cinema della Cecenia, far commettere eccidi di massa, attaccare la Georgia rubando Ossezia e Abkhazia, invadere l’Ucraina nel 2014 per rubare la Crimea e creare un esercito separatista e invadere l’Ucraina giocando con le bombe atomiche come Charlie Chaplin col mappamondo con i baffi di Hitler. Due giorni fa Putin ha detto: “Non capisco come certi piccoli Paesi europei non si rendano conto di essere così densamente popolati. Dovrebbero essere più prudenti”.

Le sanzioni e i soldi degli amici

Arrivarono le sanzioni: porca, porcaccia la miseria! Echeccefrega dei princìpi? Stiamo forse producendo etica? Ed ecco a voi il vomitevole spettacolo della destra scatenata contro le sanzioni per difendere i soldi degli amici. E tutti insieme a gridare maledetti americani e perfidi figli di Albione che stavano cazzeggiando su questioni di principio quando c’era da proteggere il nostro cash, il malloppo, la grana, i danè.
Ed è stato allora che il partito russo si è strutturato nelle redazioni, in Parlamento, nelle confraternite.
Di fronte all’invasione dell’Ucraina che ripeteva i fasti di quella hitleriana alla Polonia, tutti cantavano in falsetto: “Noi condanniamo l’aggressione russa… ma”, eccolo lì il “ma”.

A partire da quel ma, un popolo di guitti, nuovi nani e nuove ballerine hanno cominciato a mitragliare omissioni, condizionali al posto dell’indicativo, evitare, diluire, invigliacchire davanti a conduttori sordi e ciechi davanti alla “scaletta” di quel che poteva e non poteva essere detto.
Ed è tornata in grande spolvero, su gazzette e siti, autobus e Camere, luoghi di culto e lupanari occultati l’Italia di Pinocchio e della colonna infame, quella manzoniana dello stupro sotto scorta e del pericoloso carattere degli italiani così come illustrato dal conte Giacomo Leopardi.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.