Jean Monnet, uno dei padri fondatori dell’Europa, diceva che oltre a unire gli Stati, era necessario unire gli uomini, i popoli europei. Ora, a quarantaquattro anni dalle prime elezioni per l’elezione del Parlamento europeo, l’Europa si trova in una situazione paradossale: i Paesi membri sono stati sì uniti ma non così tanto da formare quello che era il sogno di molti padri fondatori e cioè gli Stati Uniti d’Europa; una governance dell’Europa farraginosa e poco performante ha dato sì risposte ai cittadini, ma spesso non così puntuali; un sentimento europeo è sicuramente cresciuto negli anni ed in particolare con l’avvento di potenti strumenti finanziari come il Pnrr o in occasione di crisi come quella legata alla pandemia Covid o alla guerra in Ucraina, ma sono anche cresciuti, a partire dalla grande crisi finanziaria del decennio scorso, movimenti sovranisti, nazionalisti e populisti che, specie quando sono arrivati a governare i loro Paesi, hanno e stanno costituendo un freno a risolvere importanti crisi strutturali (cioè che sta avvenendo Lampedusa è l’ultima pistola fumante).

Quest’Europa al bivio, che si appresta a portare i propri cittadini ad eleggere il prossimo giugno il nuovo Parlamento europeo, è quella che proveremo a raccontare in questa pagina giornaliera che le dedichiamo. Coi suoi pregi ed i suoi difetti, con le sue speranze e i suoi timori, con le sue cento, mille contraddizioni. L’Europa del Green Deal, del suo desiderio di riuscire ad aprire le danze a livello mondiale nella lotta al cambiamento climatico, ma anche della sua incapacità di prendere per mano le aziende, agricole e non, e di aiutarle nella transizione.

L’Europa la cui bandiera viene sventolata con orgoglio nelle piazze in rivolta della Georgia, ma che non riesce ad esercitare un ruolo autonomo nella crisi internazionale che è seguita all’invasione russa in Ucraina. L’Europa che sa salvare le vite in mare e sa accogliere, ma che è impantanata nella gestione dei migranti, strattonata da chi da una parte vorrebbe solo costruire muri, e dall’altra da chi vorrebbe aprire i porti indiscriminatamente. Il sogno europeo è ancora lì: in parte costruito, ma ancora tutto da fare, con alcuni non piccoli pericoli alle porte.

E se come noi siete europeisti, se siete perdutamente innamorati dell’idea dell’Europa ma siete consapevoli anche che servirà tanta determinazione (e tanta intelligenza politica) per superare le secche che abbiamo di fronte, non avete che da scriverci e proporre i vostri contributi.

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Giornalista, genovese di nascita e toscano di adozione, romano dai tempi del referendum costituzionale del 2016, fondatore e poi a lungo direttore di Gay.it, è esperto di digitale e social media. È stato anche responsabile della comunicazione digitale del Partito Democratico e di Italia Viva