L'intervista
Parla Guy Verhofstadt: “Con Putin alle porte non c’è più spazio per ‘il troppo poco e il troppo tardi’ di Bruxelles”
Il parlamentare europeo di Renew Europe dice: “Al discorso di Ursula Von der Leyen è mancata una visione”.
Il tuo intervento in risposta al discorso sullo Stato dell’Unione di Ursula Von Der Leyen è stato molto apprezzato, forse perché è stato uno dei pochi che è andato dritto al punto, senza le ovattature tipiche di certa politica a Bruxelles. Cosa le hai detto?
Sostanzialmente due cose: la Presidente non ha parlato di un’unione europea della difesa, nonostante questa sia probabilmente la parte più importante della sua eredità e sia il dibattito più importante per l’Europa del domani. Ora che in Ucraina c’è la guerra, con Trump di nuovo alla Casa Bianca si corre il rischio di non avere più un sostegno affidabile da parte della Nato. L’Europa deve poter contare su sé stessa, deve essere in grado di difendere da sola la propria sovranità. Questo significa rafforzare le nostre capacità militari e possiamo farlo solo integrando i nostri eserciti. Il mondo là fuori è spaventoso, non possiamo più ignorare il fatto che dobbiamo affrontarlo insieme, come europei, anche in termini militari. In secondo luogo, tutti parlano ora di allargamento dell’UE, ma Ursula von der Leyen non lo ha collegato alla riforma dei trattati. Su questo sono fortemente in disaccordo. Riuscite a immaginare un’Unione Europea con 35 membri che funziona come oggi, con 35 commissari e un diritto di veto per ciascuno dei 35 Paesi? L’allargamento sarà possibile solo se riformeremo il nostro modo di stare insieme: questo lavoro deve iniziare oggi.
La Presidente ieri quindi ha cercato di accontentare tutti, ma alla fine è riuscita a scontentare tutti?
È stato un discorso estremamente cauto, guidato dalla politica, questo è vero. Mentre nella politica nazionale, i politici fanno dichiarazioni sempre molto forti con l’obiettivo di essere eletti, nella politica europea si evita di fare qualsiasi dichiarazione con l’obiettivo di essere ricandidati…
Non è stato certamente il suo discorso migliore, soprattutto per quello che non ha detto: alcuni dei temi che stanno più a cuore a questo Parlamento, il clima, lo stato di diritto, la riforma dei trattati, sono stati appena accennati. Non è stata convincente, come leader, e questo può andare bene per il Ppe ma non per chi ha l’ultima parola sulla presidenza della Commissione: il Parlamento europeo.
Veniamo al punto più importante, quello della riforma dei trattati. Perché è così decisivo e perché la Von Der Leyen sbaglia?
In sostanza, la Presidente ha detto di essere personalmente favorevole alla riforma dei trattati e che la Commissione la studierà. Ma non è sufficiente. Gran parte del lavoro preparatorio è stato fatto: sono la volontà politica e la leadership che ci servono. Oso dire che ci serve una “visione”. Per farvi capire: la conferenza dei cittadini sul futuro dell’Europa si è concentrata su ciò che deve essere riformato, il Parlamento ha raccolto la sfida e ha avviato una Convenzione per discutere una profonda riforma dei trattati. Finora, però, il Consiglio europeo si è rifiutato di impegnarsi e la Commissione si è dimostrata – diciamo così – poco entusiasta nel sostenerlo. Ma non si può parlare di geopolitica e di allargamento rifiutandosi di affrontare il funzionamento dell’Unione: dobbiamo farlo. E la questione è molto più ampia: l’UE è già impantanata in settori chiave, figuriamoci se si accolgono nuovi membri. Abbiamo avuto una crisi sanitaria con un ruolo importante dell’Europa, ma senza che l’Europa avesse competenze specifiche. Abbiamo quindi bisogno di un’unione sanitaria con le competenze, il budget e le professionalità che servono per prevenire e affrontare la prossima crisi. Sicuramente gli italiani sarebbero d’accordo.
Abbiamo assistito all’aggressione all’Ucraina, che minaccia tutto ciò che rappresentiamo. Abbiamo bisogno di un’unione della difesa per affrontare la minaccia, ma anche di un’unione dell’energia per affrontare le conseguenze: collegamenti energetici tra i Paesi, acquisti comuni per utilizzare il nostro peso economico nei confronti del resto del mondo, solidarietà. E qualcosa come il voto all’unanimità può sembrare arcano e tecnico, ma tutti possono capirlo: facciamo sempre “troppo poco, troppo tardi” contro le minacce come quella di Putin, semplicemente perché tutti i membri del tavolo hanno un diritto di veto e qualcuno lo può sempre usare per ragioni politiche personali. Non riusciamo ad adottare sanzioni adeguate contro il regime russo semplicemente a causa dell’unanimità: qualcuno trova sempre un motivo per ritardare e porre il veto. Un’Europa lenta e debole nell’agire non può essere forte nei confronti di un mondo sempre più brutale.
Insieme ad altri colleghi, hai presentato un progetto di riforma del Trattato. Cosa prevede?
Proprio questo: abbiamo elencato tutti i punti dei nostri trattati in cui l’attuale modo di lavorare non è all’altezza delle sfide e delle aspettative e abbiamo proposto un modo di lavorare più efficace e più coerente. Sapete cosa mi colpisce di più – e gli italiani lo riconosceranno: di norma, i cittadini sono molto critici nei confronti dell’Europa, ma non perché siano contrari all’Europa in sé. Quello che vogliono è un’Europa diversa. Si rendono perfettamente conto che in un’economia globale con la Cina da una parte e gli Stati Uniti dall’altra, in una corsa all’energia e soprattutto all’energia verde, con le sfide della migrazione e della salute, serve restare uniti come europei. Ciò che li irrita è che l’Europa sia al di sotto delle sue promesse, del suo enorme potenziale. E riformare tutto è stato l’obiettivo della nostra Convenzione. Abbiamo messo tutto questo sul tavolo, per capire che tipo di Europa ci serve per affrontare il futuro.
Pensi davvero che la risposta alla crescita delle forze conservatrici e illiberali in Europa sia quella di ipotizzare un’Europa ancora più forte? Contro i sovranisti è necessario rilanciare o cercare di lisciarne il pelo?
Ciò che mi preoccupa di più è la codardia soprattutto del centrodestra. Cercare di assecondare la destra radicale non fa altro che dare più spazio ai populisti. È quello che sta facendo il Ppe sul clima e sulla migrazione. Ma non porta mai ad un maggiore rispetto – tanto meno ad un aumento dei voti – per i partiti del centro democratico. Perché i populisti non si possono battere sul loro stesso terreno. Ma credo davvero che abbiamo una possibilità per l’Europa: preparare seriamente il terreno prima delle elezioni per un’UE che funzioni meglio e poi affrontare i punti cruciali non appena sarà possibile farlo. Abbiamo una finestra di opportunità, Putin ci sta dando il senso dell’urgenza, e ognuno in politica ha la sua responsabilità.
Chi è
Guy Verhofstadt, classe 1953, è un politico belga ed è dal 2009 parlamentare europeo, attualmente affiliato al gruppo di Renew Europe. È tra i fondatori di Open VLD, il partito liberaldemocratico fiammingo che aderisce all’ALDE. È stato Primo Ministro del Belgio dal 1999 al 2008 ed è noto per le sue vedute pro-europee e federaliste da sostenitore appassionato dell’integrazione europea quale è, argomento sul quale ha scritto numerosi libri.
La proposta di riforma
Ieri, dopo il discorso dello Stato dell’Unione pronunciato da Ursula Von Der Leyen, a Strasburgo Guy Verhofstadt ha presentato, insieme agli altri componenti del comitato per la riforma dei trattati, il popolare Sven Simon, il socialista Gabriele Bischoff, il verde Daniel Freund e Helmut Scholz della sinistra, le proposte che sono state elaborate. Il cuore della proposta è la rimozione della ormai tristemente famosa (e spesso paralizzante) unanimità nelle decisioni da prendere, ma c’è ben altro. La proposta infatti prevede un forte rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo, aumentando i settori in cui questo può legiferare anche con iniziative autonome. Si prevede un cambiamento radicale delle procedure di nomina della Commissione, con i membri scelti direttamente dal Presidente garantendo un equilibrio geografico, ma senza più la pletora di commissari attualmente nominati da ciascun stato membro. La proposta prevede infine anche la possibilità di indire referendum in tutta l’Unione.
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