Lunga ma necessaria citazione. «Apprendiamo con sollievo la notizia della scarcerazione delle tre persone arrestate la sera del 14 giugno a piazza Bellini. Quanto accaduto non nasce a caso. È Il frutto di un clima di tensione generato in questi mesi dal richiamo a politiche securitarie, che criminalizzano la ripresa della vita della città e di cui sono vittime gli individui e le collettività, con le stesse forze dell’ordine che si trovano a dover gestire campi di azione diversi e imprevedibili». Cosa vuol dire questo passaggio del documento di Dema, il movimento de Magistris? Tutto e niente. Non si condannano gli scontri – durissimi – con la polizia. Non si commenta la compromettente partecipazione di un’assessora della giunta comunale alla manifestazione contro gli uomini in divisa.

Non si dice una parola sulle degenerazioni illegali della movida. E non si tengono in alcuna considerazione le proteste – più che legittime – dei residenti. Ma in compenso si allude, e molto. A chi? Al governo nazionale, quando si parla di “politiche securitarie”. Ma ancor di più a De Luca, perché è lui, secondo Dema, il braccio armato di quelle politiche, il governatore che con il bazooka puntato criminalizza “la ripresa della vita della città”. Il riferimento è alle restrizioni sugli orari notturni dei bar. Eppure, nello stesso documento si legge che “non è la movida il tema”. Il problema vero, quello più generale, è “la ripresa della città”. Dema ritiene infatti “che tutti oggi debbano collaborare alla rinascita di Napoli”.

Demagogia, tatticismo, depistaggio: nelle righe riportate, come in quelle omesse per ragioni di spazio, non manca davvero nulla. Ma mai come questa volta bisogna prendere sul serio il sindaco o chi parla per lui. Il problema vero è la ripresa della città? Giusto. Giustissimo. Ma allora come si spiega che proprio chi si appella a questa suprema necessità non solo non ha fatto nulla di quello che aveva promesso, ma addirittura presenta un piano strategico per l’area metropolitana che è tutto tranne che un piano strategico? De Magistris difende la movida, vista come espressione massima di libertà (e addio al tempo in cui lo era uscire dal bisogno), ma non ha mosso un dito per decongestionare i flussi di traffico nelle ore notturne (e dunque per renderla possibile a tutti). Per questo, aveva annnciato occasioni di richiamo in quasi tutte le aree della città, di antica e nuova formazione, che non sono più frequentate e riconosciute dai residenti, perché abbandonate al degrado o perché se ne ignorano ormai le radici storiche e culturali. Se lo avesse fatto, avrebbe compiuto una scelta “rivoluzionaria”.

Un tentativo apprezzabile di legare identità e prospettiva della città. Ma si è visto qualcosa? Nulla. Più grave è però ciò che è successo con il piano strategico. De Magistris ha preso quello che dovrebbe essere il documento di riferimento per la ripresa di Napoli e lo ha trasformato in un elenco della spesa. Ha messo insieme i progetti che i Comuni avevano nei cassetti, quasi tutti riconducibili a un quadro di ordinaria manutenzione urbana; li ha divisi graficamente per aree tematiche; e così impacchettandoli li ha quindi ammantati, vantandosene, di valore strategico. Tutto qui. Lui solo sa cosa può esserci di strategico nella riqualificazione di via Parrella a Boscoreale (600mila euro); nella realizzazione di una rotatoria a Casamarciano (100mila); nel recupero funzionale del giardino pubblico di Meta (794mila); o nell’acquisto di otto biciclette a pedalata assistita per la raccolta dei rifiuti a Napoli (146mila). O forse non lo sa neanche lui, e perciò duella con De Luca. Per confondere le idee.