È trascorso un mese dalle elezioni europee, dopo l’epic fail di Stati Uniti d’Europa e di Azione. Un mese in cui il campo dei riformisti aveva promesso di fare un’attenta, impietosa analisi del voto (Raffaella Paita al Riformista,il 26 giugno scorso). Non se ne è letto niente. E solo per averne chiesto conto agli interessati ci siamo sentiti apostrofare come “disturbatori” (su Facebook), “sabatori” e “indisponenti” (su Twitter). Nessun problema, a memoria di cronista, viene risolto mettendo la polvere sotto al tappeto. IV ha riunito i dirigenti locali in piattaforma, una settimana fa. “Soggetto unico per proseguire fuori dai poli o Margherita 2.0 nel centrosinistra? Ditemi voi, io sono in fase di ascolto”, ha detto Matteo Renzi ai suoi. In Azione è peggio che andar di notte. Ci è stato detto che si farà una grande convention in autunno. Poi più niente. I rumors danno Gelmini e Carfagna in uscita. Loro non vogliono parlare. Calenda nicchia.

La strategia fallimentare

Insomma, la pronta reazione tra i riformisti non c’è stata. Italia Viva vivacchia e Azione è ferma. I nomi si prestano al calembour. Ma certamente la strategia di fingersi morti per aspettare che il tempo passi e magari cancelli le ferite è fallimentare. “Spero che ci sia la consapevolezza che la dissipazione è un peccato mortale. Qualcuno lo sa perfettamente, perché ha lavorato sempre per l’unità, e qualcun altro fa finta di non comprendere. Attenzione, perché a forza di dissipare, si viene dissipati!”, avverte il capogruppo Iv al Senato, Enrico Borghi (Il Riformista, 9 luglio). Certo non rimane con le mani in mano Elly Schlein, che sente il vento in poppa e apre le porte a una collaborazione più organica con i centristi, citando Renzi, incalzata da una domanda di Paolo Mieli nello studio di La7: “Se Matteo Renzi condivide le battaglie sulla sanità e sul diritto allo studio, è compreso in una potenziale maggioranza?”. “Beh, del resto lo abbiamo fatto anche in diverse città e così abbiamo vinto. Uniti si vince“, risponde Schlein.

“Quindi la risposta è sì”, commenta Mieli. Schlein sottolinea: “Certamente non possiamo applicare gli stessi modelli di altri paesi con contesti politici e sociali così diversi, ma attenzione, un dato emerge chiaramente: uniti si vince, divisi si perde. Ma non bisogna rincorrere l’unità fine a sé stessa, bisogna costruirla sui bisogni concreti delle persone”. Renzi non commenta, Calenda lo fa da par suo, su Twitter: “Cara Schlein, non è un problema di essere o non essere politici ma di cosa serve o non serve al paese. E un’accozzaglia populista e largamente filoputiniana con una spruzzata di centrino opportunista non serve a nulla. Buona strada”. Poi qualcuno in Azione deve avergli detto che ha affondato un po’ la frizione. E Alessio D’Amato, pontiere azionista con il Pd, lo ha recuperato: “La lezione del Labour: un progetto riformista. La parola d’ordine è stata “centre ground” ovvero sconfiggere il populismo con un programma concreto e basato sui diritti sociali. Le opposizioni in Italia dovrebbero ripartire da qui, un patto riformista su scuola , sanità e salari”. Calenda retwitta. Il dialogo può ripartire.

L’appello di Costa e Marattin

Nell’impasse generale, Enrico Costa e Luigi Marattin hanno lanciato una loro call in rete, un appello ultimativo. Lanciato una settimana fa su Change.org, l’appello si intitola «Un progetto politico per non rassegnarci al bipolarismo». Accompagnata da una raccolta firme, la lettera è suddivisa in quattro punti e mira a raccogliere il consenso dei cittadini che ancora sperano in «un unico grande partito liberal-democratico e riformatore». La presa di distanza da Calenda e Renzi può essere letta nella frase «mettere al bando i personalismi». Anche se, a differenza di Calenda, il leader di Italia Viva aveva proposto di rilanciare in autunno un congresso per «un nuovo Terzo polo con un terzo nome al comando».

6300 firme: “Difficile far finta di niente”

Dei quattro capitoletti in cui è organizzato l’appello, il primo invita alla «consapevolezza degli errori» commessi, il secondo affronta «lo spazio politico intatto» al centro, il terzo invece diffida da «partire dai nomi» e il quarto, infine, esorta a «capire chi siamo, prima di decidere con chi andremo». Marattin festeggia i 6300 firmatari, tra cui alcuni dirigenti di Iv e Azione. Sottoscrive l’appello anche Caterina Avanza, candidata con Calenda nel collegio Nord-Ovest. «C’è qualcuno in IV e Azione che pensa sia possibile ignorare la spinta che questo appello ha dimostrato verso la ripresa del cammino del Terzo Polo, ma senza gli ostacoli che lo portarono al fallimento. Io penso sarà difficile far finta di niente. Ma poi ognuno si assumerà le sue responsabilità», dichiara Marattin. Sabato 13 si riunisce a Roma la direzione nazionale di Azione, vedremo se la linea di Calenda sarà confermata o verrà messa apertamente in discussione.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.