Se Italia Viva deve fare i conti con alcune riflessioni interne sulla leadership di Matteo Renzi, anche Azione non se la passa meglio. Il partito di Carlo Calenda, come d’altronde la lista Stati Uniti d’Europa, non ha superato lo sbarramento alle europee, rimanendo fuori dalle istituzioni di Bruxelles. Dopo ore di silenzio, ieri mattina sono arrivate le dichiarazioni di Calenda, che ha proposto di aprire una fase costituente di Azione e dei soggetti interessati ad allargare la casa dei riformisti e liberali. Sullo sfondo c’è sempre l’obiettivo di costruire un fronte repubblicano, un suo pallino. Ma i malumori della base, e anche di qualche dirigente, comincia a trasparire: il disappunto è indirizzato verso la scelta di non aver voluto convogliare le forze in un’unica lista. Come è stato il Terzo Polo.

Azione, posizionamento nel centrosinistra

Dopo il retroscena sulle possibili dimissioni avanzate da Calenda nel vertice del direttivo di Azione, poi smentita seccamente dal suo ufficio stampa, Calenda ha incontrato i gruppi parlamentari in una riunione post voto. Lo scopo era analizzare a mente più fredda la sconfitta alle elezioni europee. Secondo quanto riferiscono alcuni presenti, citati in maniera anonima dall’Ansa, Calenda avrebbe spiegato il suo punto di vista: gli elettori non hanno premiato Azione per un posizionamento incerto del partito in un contesto sempre più polarizzato. Per questo avrebbe indicato la necessità di iniziare un’opposizione ancora più forte al governo di Giorgia Meloni, favorendo uno spostamento verso il centrosinistra senza però aprire al campo largo. Nella lunga riunione, sul tema è stata Mara Carfagna, ex di Forza Italia, a chiedere chiarimenti ulteriori sulla collocazione del partito. Di fatto Azione si “sta mettendo nell’ottica del bipolarismo“, ha spiegato uno dei presenti sempre all’Ansa.

Azione, scontro tra Calenda e Costa

Nell’incontro tra Calenda e i suoi parlamentari, però, sono avvenute discussioni anche riguardo il futuro di Azione e della leadership di Calenda. L’ex ministro ha ribadito, come ha già fatto pubblicamente in più di un’occasione, la sua contrarietà a ricucire il rapporto con Matteo Renzi dopo la rottura del Terzo Polo. Azione e Italia Viva si accusano da mesi, scaricandosi addosso in maniera reciproca le responsabilità per aver fatto implodere il progetto di un partito liberal democratico unico. A prendere la parola nella riunione sarebbe stato Enrico Costa, che avrebbe discusso con il leader di Azione. Per Costa è necessario riprendere il progetto del Terzo Polo. Lo ha spiegato in mattinata con un post su X: “La sconfitta è figlia della frantumazione del Terzo Polo. Tutto molto prevedibile. Gli elettori si sono incazzati perché alle politiche hanno dato un’indicazione chiara, che non è stata seguita. Punto”. E lo avrebbe ribadito davanti ai dirigenti di Azione.

Azione e Italia Viva, le mosse di Costa e Marattin

Non è un caso che a parlare sia stato proprio Costa, da tempo considerato uno dei pontieri nella costruzione di un cantiere comune con le altre forze centriste. Proprio come, dall’altro lato della ‘barricata’, lo è Luigi Marattin, deputato renziano, che sempre stamattina ha preso posizione, chiedendo – in modo quasi esplicito – di andare oltre alle divisioni e ai leader attuali. Un messaggio che non è piaciuto alla dirigenza di Italia Viva che non ha perso tempo ad attaccarlo, con la coordinatrice nazionale Raffaella Paita in testa. Ma la batosta elettorale sembra aver avviato diverse considerazioni all’interno dei due partiti, con i primi possibili sfidanti che più o meno timidamente si fanno avanti. Costa e Marattin, d’altronde, la vedono allo stesso modo e sono da mesi impegnati insieme in un tour di incontri in giro per l’Italia per parlare di giustizia ed economia – i loro temi forti – ma anche dell’area liberal democratica. A sondare il terreno e a gettare le basi, insomma.

Nel frattempo tra i sostenitori di Iv e Az c’è chi chiede un passo indietro di Renzi e di Calenda per permettere di avere una rappresentanza unica all’area libdem. E c’è chi ancora difende a spada tratta i rispettivi leader. Di sicuro nel caso di un ritorno al Terzo Polo, servirà abbassare i toni sia tra i dirigenti sia tra gli elettori.