C’è chi urla, si affanna a prendere posizione e attacca i propri avversari, anche sfoggiando – con una dose invidiabile di arroganza – dei presunti successi personali. E c’è chi rimane in silenzio, attende di vedere tutti i numeri e tutte le reazioni prima di commentare. Il giorno dopo il disastroso risultato dei partiti centristi e liberal democratici in Italia sta succedendo lo stesso all’interno delle liste di Stati Uniti d’Europa e Azione – Siamo Europei. Entrambe non hanno superato la soglia dello sbarramento, fermandosi al 3,7 e 3,3%. I leader di Italia Viva e Azione – Matteo Renzi e Carlo Calenda – hanno rilasciato le prime dichiarazioni, senza avanzare particolari analisi della sconfitta se non menzionando la polarizzazione che ha premiato i partiti maggiori a destra e sinistra. Emma Bonino finora ha preferito non parlare, ma per +Europa ci ha pensato Riccardo Magi. Nessuno di loro ha comunque fatto un passo indietro, nonostante comincino ad aumentare i malumori interni per i magri risultati dettati da scelte personalistiche.

Elezioni europee, le dichiarazioni di Renzi, Calenda e Magi e dei fedelissimi

Renzi ha lanciato frecciate a Calenda per la mancata unità delle forze dell’area liberale, così come Magi. Calenda ha ribattuto sull’impossibilità e l’incompatibilità degli elettori di Azione e +E con quelli di Iv, prevedendo anche una non meglio precisata fase costituente per il partito da far partire dopo la riunione di direzione. Quella dell’ex ministro forse è stata l’unica ammissione di una riflessione che – specie dopo il voto del weekend – si sta aprendo dentro Azione, magari con un congresso nazionale. Da Italia Viva e +Europa, al momento, nessuna novità.

Da vari esponenti di Azione, Iv e +E, soprattutto dai candidati nelle liste alle europee, si sono alzati ringraziamenti ai leader, messaggi di supporto e fiducia nei tempi che verranno. Così da una parte Matteo Richetti, vice di Calenda, ha ribadito la sconfitta, “ma non è e non sarà mai una buona ragione per non proseguire sull’unica strada in grado di dare all’Italia una politica degna di questo nome”. O Ettore Rosato, sempre del partito di Calenda dopo la fuoriuscita dai ranghi renziani, che ha parlato di risultato deludente, “ma oltre 780mila persona hanno dato, con il loro voto, fiducia al nostro progetto. Si riparte da qui, sapendo che si può e si deve fare meglio”. Si prende e si riparte. Vale lo stesso per i più vicini a Matteo Renzi. Per Raffaella Paita è stato solo “un soffio” che non ha permesso alla lista Stati Uniti d’Europa di non raggiungere il 4%. E “la battaglia non è finita perché di riformismo l’Europa e l’Italia hanno un disperato bisogno. Quanto a me, era tanto tempo che non mi candidavo a preferenze. Avere raccolto 15000 voti, arrivando terza in lista, mi fa capire che il mio impegno per recuperare forza e sostegno è stato capito e, almeno in parte, premiato” ha detto la senatrice e coordinatrice nazionale di Iv.

Elezioni europee, i silenzi e le attese dei possibili eredi nei partiti centristi

C’è quindi chi ha parlato. E chi è rimasto, finora, in silenzio. Non solo Bonino, ma anche esponenti di un certo rilievo di partito che stanno aspettando. E non perché abbiano perso le password di accesso a X e Facebook o siano stati ignorati dai cronisti, sempre in cerca di dichiarazioni. C’è volontariamente della cautela. Per esempio da parte di Luigi Marattin, delfino di Renzi e molto legato al leader, che da più parti viene visto come una delle possibili figure pronte a raccogliere il suo testimone, magari con l’intento di unire l’intera area. Solitamente attivo sui social, oggi Marattin – che è sempre stato uno dei pontieri pronti al dialogo per spingere il progetto di un partito unico liberal democratico – ancora non ha dato il suo commento sul voto. Lo stesso vale per Enrico Costa, deputato azionista che proprio insieme a Marattin ha girato l’Italia per parlare di economia e giustizia: anche lui in silenzio. Uguale dicasi per Giulia Pastorella, deputata del partito di Carlo Calenda, molto apprezzata e riferimento per i più giovani militanti di Azione. Che siano silenzi di circostanza o casuali, tutto può essere. Ma è scontato che dentro Italia Viva, +Europa e Azione sono ora cominciate alcune riflessioni riguardo il futuro dei partiti e su un possibile cambio nelle segreterie, che ancora una volta hanno dissolto nelle urne – o nella fase subito successiva – un bacino di voti comunque considerevole.

Intanto, i sostenitori più fedeli, o i fedeli più sostenitori, di Renzi, Bonino e Calenda si sono dati appuntamento sui social per litigare e accusarsi a vicenda per l’esito del voto. Contribuendo ad aumentare le non poche divisioni già presenti. Ma anche lì, tra gli attivisti c’è chi rimane in silenzio, deluso e stufo da queste contrapposizioni e dai propri leader. Sempre più pronti a premiare qualcun altro.

Renzi e il futuro riformista: “Assemblea con nuovo presidente”

Nella sua Enews, Renzi spiega: “Personalmente credo che il percorso – necessario – per la costruzione di questa casa libdem, riformista e popolare debba essere portata avanti da persone nuove, diverse da chi ha fatto fallire il Terzo Polo. Non si può ripartire da capo con i protagonisti delle recenti telenovelas. Da parte mia proporrò all’Assemblea Nazionale di Italia Viva di indire per l’autunno un congresso straordinario, per il rinnovo della Presidenza nazionale e per costruire con gli altri soggetti interessati il cantiere riformista. Cantiere democratico, dal basso, partecipato: non comunicato dall’alto”.

“Azione ha distrutto cantiere, oggi avremmo avuto 7 parlamentari”

Dopo l’esito delle Europee “occorre andare oltre ricostruendo quel cantiere riformista che Azione ha inspiegabilmente distrutto un anno fa”, scrive nella sua Enews il leader di Italia viva, Matteo Renzi che afferma di aver ricevuto “quasi duecento mila preferenze”. Per l’ex premier, “ormai non serve più rivangare il passato anche perché è evidente a tutti chi è stato a rifiutare la coraggiosa proposta di Emma Bonino per gli ‘Stati Uniti d’Europa’: se fossimo andati tutti insieme avremmo oggi sette parlamentari europei riformisti, non solo sovranisti. Potevano essere sette e invece sono zero. Peccato”.