Ancora forti in Europa, ben più modesti in Italia, poco dopo le due di notte Stati Uniti d’Europa e Azione ballano intorno alla soglia di galleggiamento: poco sopra e poco sotto il 4%. Se i popolari sono il pilastro del nuovo Parlamento europeo, i numeri consegnano la certezza che senza il gruppo Renew Europe non si può eleggere alcun presidente di Commissione. In Italia il gruppo è rappresentato da due liste, Stati Uniti d’Europa (Italia Viva e +Europa) e Azione.

Soggetti politici sostanzialmente coincidenti, sovrapponibili sui temi e nelle posizioni, ma inconciliabili. Resi incompatibili per ragioni caratteriali dei loro due leader, Carlo Calenda e Matteo Renzi, con i radicali Emma Bonino, Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova a tentare fino all’ultimo una conciliazione impossibile. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, principale azionista di Renew Europe, aveva chiamato qualche mese fa Renzi e Calenda. «Dovete marciare uniti , aveva pregato gli interlocutori italiani. Pronto a un accordo il primo, del tutto contrario il secondo. Fino a far correre le due macchine parallelamente. Al traguardo potrebbe arrivare, di stretta misura, solo Stati Uniti d’Europa. La lista di scopo voluta da Emma Bonino, nata in nuce il 24 febbraio nel corso di una partecipata assemblea aperta in casa radicale, ha attratto l’elettorato centrista solo in parte.

«Abbiamo scelto la costruzione di una lista generosa, aperta e senza veti, abbiamo rinunciato ai cognomi sui simboli, abbiamo detto che chi viene eletto andrà davvero a Strasburgo», ha dichiarato Renzi ieri sera. Se le percentuali d’errore delle proiezioni dovessero essere confermate, è l’ex premier a riportare il miglior risultato. Il duello tra i due contendenti, a far parlare gli elettori, ha visto soccombere il leader di Azione. Ma il peso che avrebbero – al netto delle valutazioni congiunte e disgiunte – è contabilizzato tra il 6 e il 10%. Nel campo delle ipotesi, se la lista fosse stata unitaria avrebbe potuto collocarsi perfino tra quelle a due cifre. E invece, i centristi rimangono centrini. Si condannano all’irrilevanza, se non riescono a mettere insieme il loro patrimonio, un tesoretto che comunque vale una cifra tutt’altro che inconsistente.

All’interno delle tre forze si apre adesso una stagione di confronto e di verifica: tante piccole sigle messe insieme all’ultimo minuto non hanno convinto. Gli sforzi di Emma Bonino, fiaccata da una brutta malattia, avrebbero potuto avere miglior esito. Né è servita a niente, in casa Azione, la scissione operata da Federico Pizzarotti, che ha portato via un mese intero di dibattito. A Firenze intanto Stefania Saccardi, la candidata renziana, supera il 12% e dovrà decidere a chi dare il suo sostegno per il turno di ballottaggio che si terrà tra due settimane.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.