Più importante dell’inizio è la fine, anche durante lo stato di guerra. Prima che la follia ti prenda la mano e dimenticare divenga un’operazione impossibile. Dimenticare per non aver saputo cogliere un’opportunità, dimenticare per aver commesso eccessi che possono provocare conseguenze inaudite, dimenticare errori così gravi da isolarti dal resto del mondo pur vantando milioni di buone ragioni quando hai reagito a un’offesa e hai vendicato i tuoi morti.

Esistono guerre giuste: la reazione delle democrazie occidentali e poi dell’Unione Sovietica alla guerra di Hitler, la Resistenza in Italia dopo l’8 settembre ‘43, in Italia e ovunque si manifestò in Europa, la difesa dell’esercito ukraino e il sostegno offerto da Unione Europea e Stati Uniti dopo il conflitto scatenato da Putin, di recente la risposta di Israele all’attacco di Hamas.

Quando c’è violazione dei diritti

La teoria moderna della ‘guerra giusta’ si fonda su tre criteri: la giustificazione, il soggetto decisore, il modo di attuazione (iusto modo). È indubbio, tuttavia, che esista una stretta correlazione tra sicurezza e difesa e il rispetto dei diritti dell’uomo e dei popoli. È stato Norberto Bobbio tra i primi a parlarne. Quando vi è violazione dei diritti, di quei diritti, la comunità internazionale ha il dovere di intervenire proprio perché quella violazione incide sulla sicurezza e sulla pace, il fine primario che le Nazioni Unite hanno posto a fondamento della loro azione. La stretta connessione tra pace e rispetto dei diritti umani da tempo compenetra il diritto internazionale. Da qui il concetto di ‘pace giusta’, da qui la ragionevole tesi che i modi di attuazione della risposta devono essere proporzionati al male che si intende debellare e non radicali, perversi, tali da colpire cittadini inermi.

I diritti

Si può discutere a lungo su quali siano i diritti fondamentali delle genti ma un nucleo centrale, condiviso, intoccabile, esiste, eccome se esiste. Il primo tra questi è il rispetto della dignità umana, il diritto a vivere, a non essere ucciso, torturato, aggredito. Il secondo è il diritto alla sussistenza: cibo, vestiario, medicinali, acqua, un riparo decente.

Una guerra giusta diventa ingiusta se il modo con cui viene attuata è sbagliato, se l’uso controllato della forza si trasforma in violenza inaudita. Chi ha sostenuto Israele con decisione e oggi pretende che quel nucleo fondamentale di diritti degli uomini e delle donne venga osservato e protetto si siede dalla parte giusta della storia dell’umanità. L’appello ‘Fermatevi!’ lanciato da Macron e in maniera bipartisan da governo e opposizione in Italia, l’azione diplomatica dell’amministrazione Biden, il rilancio della formula ‘due popoli due Stati’ non significano affatto dimenticare il terrore innescato da Hamas o porre sullo stesso piano Israele e un’organizzazione terroristica. Semmai aprono il varco a una pace giusta che tuteli anzitutto la popolazione civile ascoltando l’urlo disperato che da giorni si leva dalla terra più martoriata del pianeta. Prima che la follia ti prenda la mano e dimenticare diventi impossibile…