Una micronazione all’interno dell’Italia, una storia diventata quasi un ‘mito’ per chi quegli anni li ha vissuti e un oggetto di ricerche sugli aspetti utopistici della sua ‘nascita’. È l’Isola delle Rose, come venne chiamata l’isola artificiale costruita a circa 12 chilometri al largo di Rimini, e ad alcune centinaia di metri dalle acque territoriali italiane, dall’ingegnere Giorgio Rosa.

IL FILM SU NETFLIX – Una storia che torna d’attualità in occasione del lancio da parte di Netflix del film prodotto da Groenlandia e diretto da Sydney Sibilia, regista dei tre ‘Smetto quando voglio’, il prossimo 9 dicembre. Nella pellicola, che vede tra i protagonisti attori del calibro di Elio Germano e Luca Zingaretti, viene trattata la storia della piattaforma costruita dall’ingegnere bolognese e poi dichiarata nazione. Il film vede la consulenza di Walter Veltroni, che sulla vicenda ha scritto il libro “L’isola e le rose”.

LA STORIA DELL’ISOLA – Rosa iniziò a progettare l’Isola delle Rose nel 1958, inizialmente per pura sperimentazione ingegneristica, ma il progetto si fece col tempo più grande e divenne poi ‘politico’, proclamandosi nazione autonoma con tanto di inno, valuta (mai prodotta), francobolli e lingua.

I lavori durarono anni e non passarono ovviamente inosservati alla Capitaneria di porto di Rimini e alla polizia, che chiese di fermarli in quanto alcune aree nella zona di costruzione della piattaforma erano in concessione ad Eni. Nonostante gli avvertimenti, Giorgio Rosa riuscì a completare l’isola e la aprì al pubblico nel 1967. La piattaforma, costruita con acciaio, mattoni e cemento, aveva una superficie di circa 400 metri e somigliava ad una grossa palafitta.

Il primo maggio del 1968 il progetto di Rosa compie il salto di qualità: l’ingegnere bolognese infatti dichiara l’indipendenza della sua isola artificiale, nominandosene presidente. La nuova nazione viene chiamata ufficialmente “Repubblica Esperantista dell’Isola delle Rose”, non venendo riconosciuta da alcuno Stato. Rosa introdusse una valuta mai entrata in produzione, il Mill, con un cambio alla pari rispetto alla lira italiana, mentre il suo stemma era rappresentato da tre rose rosse in uno scudo bianco a fare da sfondo.

Come ovvio, l’autoproclamata indipendenza irritò non poco le autorità italiane, che pensarono inizialmente che la mossa di Rosa fosse un tentativo di non pagare le tasse sul denaro intascato dall’arrivo di turisti e curiosi sulla sua isola artificiale. Per questo nel giugno del 1968, dopo colloqui andati a vuoto tra i servizi segreti e Rosa, un blitz di polizia e militari consentì alle autorità statali di prendere possesso della piattaforma, in quel momento abitata soltanto dal guardiano dell’isola e della sua compagna.

Rosa protestò ufficialmente con una lettera inviata al presidente della Repubblica Giuseppe Saragat, senza ottenere risposta, e poi avviò una battaglia legale contro l’ordine di demolizione della piattaforma inviato dal ministero della Marina mercantile tramite la Capitaneria di porto di Rimini. La demolizione della piattaforma costruita dall’ingegner Rosa iniziò nei primi mesi del 1969 e anche in questo caso la storia è particolare: la struttura resistette a due esplosioni controllate, inabissandosi soltanto a seguito di una violenta burrasca avvenuta a fine febbraio.

IL PRINCIPATO DI SEALAND IN INGHILTERRA – Una storia simile arriva anche dall’Inghilterra, dove ancora oggi esiste il principato di Sealand, una micronazione creata a poche miglia dalla costa inglese occupando nel 1967 una piattaforma in mare. Una utopia diventata realtà grazie all’occupazione della struttura da parte della famiglia di Paddy Roy Bates e dai loro compagni, che la proclamarono “principato con sovranità indipendente”.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia