Silvio Berlusconi continua a proporsi come uomo del dialogo. Anche con quel Vladimir Putin che ormai nell’immaginario collettivo è diventato l’antitesi del dialogo, l’arcinemico della pace. Intervistato da Bruno Vespa, torna a sottolineare come abbia sempre creduto nei rapporti umani come chiave per la risoluzione dei conflitti. Il macro vinto dal micro. È con questa chiave che aveva affrontato il negoziato, in partenza niente affatto scontato, di Pratica di Mare. E a quel successo, il primo vero trattato di disarmo, e a suo dire “La dichiarazione di fine della guerra fredda” che Berlusconi fa risalire il suo rapporto con Putin.

Un’amicizia fatta di stima reciproca e di attestazioni di rispetto, quando non di affetto. Ecco che i rapporti umani possono tornare a prevalere, nei desiderata del Cavaliere, e riportare i litiganti sui binari giusti. «Occorre che si smetta di armare l’Ucraina, come condizione preliminare per convocare una conferenza di pace», ha detto a Porta a Porta. Il conduttore gli obietta che Putin dovrebbe almeno lasciare le due regioni di Kherson e Zaporizhzhia, prima occupate militarmente e poi annesse con i referendum farsa. E poi lasciare libertà vera di scegliere al Donbass, Donetsk e Luhansk. Il leader di Forza Italia si è detto d’accordo, tenendo però fermo che non si dovrebbe discutere l’appartenenza alla Federazione Russa della Crimea. Referendum veri vanno tenuti, sotto l’egida dell’Onu. E qui Berlusconi apre a più scenari: «L’Occidente ha tutti gli strumenti per verificare le consultazioni libere», pensando forse all’Osce e a una task force europea.

L’Ucraina non ha ancora fatto sapere se accetterebbe mai un referendum nel Donbass, in presenza di regole, trasparenza e controllo internazionale. Berlusconi ha ribadito le sue convinzioni: è certo che Putin sia “un uomo di pace” e confessa di aver provato a chiamarlo due volte dall’inizio della guerra. Ma non ha più insistito, non avendo avuto risposta. E qui qualche chiarimento in più lo ha fatto: le venti bottiglie di vodka in cambio di venti bottiglie di lambrusco erano “una espressione scherzosa”, chiarisce il fondatore di Forza Italia. La linea atlantista del governo non va messa in discussione. E con la leader di Fratelli d’Italia non ci sono ombre. «Era logico e naturale che Giorgia Meloni andasse a Palazzo Chigi», spiega il leader azzurro. «D’altra parte avevo già detto più volte che aveva tutti i requisiti per guidare il governo. Ha successo perché rappresenta il nuovo ed è stata molto brava nelle sue apparizioni televisive». Ma c’è di più.

Forza Italia, che rappresenta la politica estera italiana con il suo coordinatore nazionale Antonio Tajani alla Farnesina, ieri ha posizionato diversi uomini di fiducia del Cavaliere nei posti di sottogoverno. Tra questi Valentino Valentini, a lungo responsabile della politica estera e delle relazioni internazionali di Forza Italia, che è diventato Vice Ministro al Mise. Valentini in una recente intervista al Riformista aveva sottolineato di non poter sostenere alcuna zona grigia nel sostegno da dare tra Russia e Ucraina, avendo chiare le responsabilità gravi di Mosca nell’invasione subita da Kiev.

Ieri è stato nominato Vice Ministro degli Esteri per Fratelli d’Italia l’onorevole Edmondo Cirielli, che il 12 luglio aveva promosso un convegno intitolato “Ue e Nato” per ribadire che «La destra italiana è lealmente atlantista e europeista, crediamo che nessuna nazione possa sottrarsi alla responsabilità della storia nel formare un fronte comune di difesa e sicurezza nel continente». Sotto segretaria agli Esteri è stata nominata Maria Tripodi, di Forza Italia. L’anno scorso era stata Co-firmataria dell’odg per l’aumento al 2% della spesa Militare in ambito Nato.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.