Il presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, non andava arrestato. Lo ha stabilito l’altro ieri il tribunale della Libertà di Catanzaro. E così come ha ricordato ieri il direttore Sansonetti lo abbiamo scritto noi su Il Riformista all’indomani del suo arresto e, dopo circa un mese, la sentenza d’un tribunale ci ha dato pienamente ragione.

Non siamo innocentisti per partito preso. Ma conosciamo molto bene la procura di Catanzaro ed abbiamo letto con la dovuta attenzione l’ordinanza di custodia cautelare contro Tallini basata sul nulla. Ed allora perché Domenico Tallini è stato arrestato? Proviamo a dare una spiegazione. Un mese fa tutti i riflettori erano puntati sullo sfascio della sanità calabrese, inoltre si era appena dimesso da commissario alla sanità il generale Cotticelli, particolarmente vicino alla Procura, così tanto da vantarsi che sin dal momento del suo insediamento la “prima soglia ad aver varcato è stata quella del procuratore di Catanzaro”. Iniziava lo scandaloso balletto dei commissari nominati e bruciati nel giro di 24 ore e ciò in una regione in cui ci sono quindici ospedali chiusi mentre la sanità è allo sbando.

Dinanzi ad un governo che collezionava brutte figure a ripetizione e ad una politica regionale assente, subalterna e balbettante, la Procura ha pensato bene di cogliere l’attimo per spacciarsi come l’unico baluardo contro lo sfascio.
Una scelta squisitamente politica più che legata ed esigenze di giustizia. Il nome dato all’inchiesta, ”farmabusiness” costituisce un serio indizio a dimostrazione di quanto abbiamo appena detto, mentre l’arresto di Tallini appare come un sacrificio necessario per tacitare l’opinione pubblica alla disperata ricerca d’un colpevole. Questa la ”storia” fino a ieri, che oggi però appare, se possibile, ancora più inquietante. Sappiamo che Tallini, accompagnato dai suoi avvocati, s’è presentato dinanzi ai giudici del riesame per annunciare il suo ritiro dalla scena politica.

Nel momento in cui il Tribunale della Libertà certifica che il suo arresto è stato un sostanziale abuso, l’ex presidente del consiglio regionale della Calabria, sventola bandiera bianca. Non è viltà. È semplicemente realismo. Piuttosto è la stringente logica di Buio a Mezzogiorno presente nel bellissimo romanzo di Arthur Koestler. che narra la solitudine dei “sacrificati” dal regime stalinista per dare una risposta sanguinaria alla disperazione della gente. È la constatazione dell’ impossibilità di resistere ai carnefici perché drammaticamente soli.

Un attimo dopo il suo arresto Tallini ha dovuto constatare la sua solitudine. Tutto il suo “mondo” prendeva le distanze dal nuovo lebbroso: il suo partito, i consiglieri regionali, il sindaco della sua città, già suo amico e stretto collaboratore. Sui media nazionali e regionali era il massacro d’un uomo e di un politico senza alcun bisogno di aspettare uno straccio di sentenza. Tutti i media schiacciati sulle veline della Procura. In Calabria è già Buio a Mezzogiorno e di questo passo, presto le tenebre potrebbero calare sull’Italia intera.