Ieri è stato prosciolto Lorenzo Diana, settant’anni, vecchio militante politico di sinistra, ex deputato, ex senatore, vicepresidente della Commissione antimafia, vincitore di un premio Borsellino. Prosciolto dalle accuse di corruzione e prima ancora di concorso esterno in associazione camorristica. Prosciolto perché contro di lui non c’era niente. Anzi, c’era un grande equivoco: lui aveva dedicato la vita a combattere la mafia e invece gli hanno detto che era amico della mafia. L’inchiesta l’avevano condotta due ufficiali dei carabinieri dal nome noto. Un certo Gian Paolo Scafarto e un certo Lorenzo Sessa. Chi sono? Quelli che avevano anche combinato qualche guaio nell’inchiesta Consip, presentando una informativa dove c’erano alcune cose false. Che portavano a Renzi.

‘Sti due, probabilmente, hanno qualche problema. L’abitudine a pasticciare un po’ e a capire fischi per fiaschi. Il Pm che aveva condotto le inchieste su Diana, invece, è un certo Maresca, del quale si è parlato parecchio recentemente perché c’è chi lo vorrebbe candidare a sindaco di Napoli. Scafarto è assessore a Castellammare di Stabia. Chissà se è un caso questo intreccio continuo tra investigatori che si occupano di politica e la politica poi praticata direttamente dagli investigatori stessi. Porte girevoli. Certo, se uno guarda le cose in modo un po’ oggettivo, finisce che si fida poco di questi qua…

Ieri è stato scarcerato dal Tribunale della libertà l’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria Domenico Tallini, Forza Italia. Ex presidente perché il procuratore Gratteri, in novembre, decise di arrestarlo e di accusare anche lui – come si usa – di voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Questo giornale, all’epoca, scrisse che dopo aver letto tutte le carte e preso visione degli indizi, era arciconvinto della sua totale innocenza. Non c’era niente di niente contro di lui. Tranne le grida del Fatto Quotidiano e di Nicola Morra, il presidente un po’ folkloristico dell’antimafia. Morra rivendicò la sua intuizione: “L’avevo detto che quel Tallini era impresentabile”. Il Fatto risparmiò sui condizionali, evitando ogni ipocrisia e abbondando in indicativi: «Favorì gli interessi delle cosche offrendo farmaci in cambio di voti». Giornali e politici tutti in fila dietro al Fatto, perché su queste cose, si sa, chi conta è Travaglio. Condanna senza appello e per di più condanna morale perché – così si capiva – ‘sto Tallini speculava sulla salute dei malati.

Cercammo di spiegare che non era vero, temo inutilmente. O forse no, perché ieri – come dicevamo – il tribunale del Riesame ha dato ragione a noi e torto a Gratteri. Niente contro di lui: scarcerato. Il tribunale del Riesame, a quanto pare, è andato a vedere come era andato Tallini alle elezioni nel collegio di Crotone, dove – secondo l’accusa – avrebbe commesso il reato di voto di scambio. 400 voti, assolutamente al di sotto della media dei voti negli altri collegi. 11 mila in tutto. Un bel tipo, questo Tallini, che fa il voto di scambio e riceve meno voti di quelli che avrebbe preso il matto del paese. I giudici del riesame sono rimasti un po’ stupiti, poi hanno chiesto: ma chi è il Pm? Gli hanno detto: Gratteri. Allora, senza commentare, si son guardati negli occhi, hanno sorriso appena e subito firmato la scarcerazione.

Allora, facciamo un po’ di conti. Limitiamoci all’ultima settimana. Prima le donne: Nunzia De Girolamo assolta con formula piena dopo sette anni di crocifissione e la fine della sua giovane e brillantissima carriera politica. Il Pm aveva chiesto per lei appena un po’ più di otto anni. Perché riteneva che fosse colpevole di una raccomandazione. Se invece scoprono che hai stuprato una ragazza, specie se una ragazza straniera, te la cavi con quattro anni. Beh, ma è giusto così: la corruzione è corruzione, eh.  Poi le persone anziane: Lillo Mannino, 80 anni, ex ministro, ex pilastro della sinistra democristiana di Donat Cattin, ex uomo chiave della politica siciliana, assolto pure lui. Credo per la quattordicesima volta. Anni di durata della tortura? Un po’ meno di trenta. Dai primi anni Novanta. Vita distrutta. Imputato a vita e di mestiere. La politica un bel ricordo. L’ultima volta – dico all’ultimo processo – lo hanno accusato di avere brigato con la mafia. I giudici hanno accertato che, al contrario, aveva dato alla mafia guerra senza quartiere. Vabbé, un qui pro quo. Poi, ieri, Diana e Tallini.

Ma vi rendete conto? Vogliamo far finta che non ci sia un problema grosso come una casa? Diciamo la verità: i problemi sono due. Uno contingente, uno assoluto. Quello contingente riguarda la scarsa preparazione (ammenoché non si voglia parlare di malafede, ma io non voglio farlo) di una parte significativa e molto esposta della magistratura italiana. Non c’è da scherzarci. È chiaro che molti Pm non sono all’altezza dei compiti loro assegnati e che nessuno li controlla o li giudica. L’altro giorno in Tv il solito Davigo, con la sua arietta di professorino che sa tutto, ha sbattuto in faccia al nostro collega Alessandro Barbano, la verità. Ha detto: guarda che i magistrati sono valutati ogni quattro anni dal Csm, e da questo giudizio dipendono la loro carriera e anche i loro stipendi. Un giudizio negativo frena la carriera.

Barbano gli ha chiesto: “Lei lo sa quanti sono i giudizi negativi?” Ecco i dati: 99 per cento di giudizi positivi, e la carriera corre veloce; 0,7 per cento di giudizi incerti (e la carriera non si ferma, ma vale come ammonimento), e lo 0,3 per cento di giudizi negativi. Davigo ha fatto una faccetta un po’ contrita e ha incassato. Questo giornale, recentemente, ha denunciato il fatto che alcuni concorsi per entrare in magistratura erano truccati. Il Csm sta indagando. Con calma. Il problema è serissimo: certo, abbiamo anche ottimi magistrati in Italia, ma poi abbiamo un pezzo di magistratura incompetente. E siccome il lavoro che si chiede è piuttosto delicato, questo è un problema serio per la società.

Il secondo problema è più strutturale. L’eccesso assoluto di potere. Un Pm prende e ti rovina la vita. Potrebbe fermarlo il Gip, ma di solito il Gip è il suo amico del cuore, il compagno di merende. Quasi mai lo ferma. E spesso anche il riesame e il primo grado tendono a dargli ragione, così per quieto vivere, per rispetto verso un collega. Spesso, sì, non sempre. Per fortuna esistono anche giudici serissimi, come dimostrano le assoluzioni di Mannino, De Girolamo, Diana e la liberazione di Tallini. Ma dopo quanto tempo – dal momento in cui un Pm mi ha preso di mira – io incontrerò il giudice obiettivo? E poi, sono sicuro che l’incontrerò?

Il potere dei Pm è mostruoso. Incontrollato. Un Pm ha più potere di un principe nel vecchio feudalesimo. Ti prende, se vuole, e ti stritola. Senza che tu possa difenderti. Senza che nessuno possa fermarlo. È un vero orrore, uno sfregio nella nostra civiltà dei diritti e dell’uguaglianza: la divinità dei magistrati. I marchesi del Grillo. Ci sarebbero molti modi per fermare questo orrore: dovrebbe intervenire la politica. Ma i magistrati sono potentissimi e i politici, di solito, cacasotto. I magistrati vincono sempre. Anche perché hanno del tutto sottomesso il mondo della stampa. Guardate il caso Tallini. Cercate un giornale che lo abbia difeso, a parte noi del Riformista. Segnalatemelo, per favore.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.