Sulle prima pagine dei giornali nel dicembre di 9 anni fa si parlava di “cricca” del ministero delle Politiche agricole. Era l’11 dicembre del 2012 quando venivano eseguite 11 ordinanze di custodia cautelare: in carcere per il direttore generale del ministero ed ex capo di gabinetto dei ministri Galan e Zaia Giuseppe Ambrosio, i dirigenti del ministero Stefania Ricciardi, Francesco Saverio Abate e Ludovico Gay, il dirigente della Confederazione italiana agricoltori, Alfredo Bernardini e il funzionario del ministero, Michele Mariani; ai domiciliari andavano invece il funzionario del ministero Luca Gaudiano, il direttore del Consorzio Parmigiano Reggiano Riccardo Deserti, gli imprenditori Maria Claudia Golinelli, Luigi Cardona e Oliviero Sorbini.

Un’nchiesta denominata ‘Centurione’ che, secondo le parole riferite all’epoca in conferenza stampa dal procuratore aggiunto Nello Rossi e il pm Stefano Rocco Fava, aveva scoperchiato un sistema di corruzione “diffusa”, “circolare”, capace di inquinare “quasi tutte” le attività del ministero delle Politiche Agricole, condotta da un “manipolo di funzionari pubblici” disposti a truccare addirittura gli appalti per le iniziative dedicate ai bambini delle scuole medie inferiori.

Ebbene, nella giornata di giovedì 18 novembre l’inchiesta ‘Centurione’, dal soprannome del principale indagato Giuseppe Ambrosio, si è chiusa con l’assoluzione dei 9 imputati andati a giudizio immediato.

La “cricca del Mipaaf”, secondo l’accusa della procura di Roma, sarebbe riuscita ad ‘operare’ su oltre 40 appalti per un valore totale di 32 milioni di euro erogati a 20 aziende nel periodo che andava da marzo del 2007 al maggio del 2011.

Giovedì invece la Corte di Appello della Capitale, presieduta dal giudice Giancarlo De Cataldo, ha confermato quanto già sentenziato in primo grado: non sussistenza del fatto per 9 imputati (Gaudiano e Deserti avevano già ottenuto l’archiviazione), respingendo l’appello del pm in quanto inammissibile.

Il procedimento giudiziario ad oggi aveva visto crollare l’ipotesi di accusa della procura: gli imputati erano già stati assolti con formula piena in primo grado, c’erano state diverse archiviazioni per non aver commesso il fatto e tre sentenze della Corte di Cassazione che bocciando le misure cautelari non ravvisavano nemmeno l’ipotesi di reato.

Insomma, un flop. E ora chi ha speso nove anni della propria vita travolto dalla gogna mediatico-giudiziaria chiede ‘vendetta’: i nove imputati sono pronti a chiedere la richiesta danni per ingiusta detenzione, risarcimento per spese legali ed eccesiva durata del processo.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia