L’Italia torna all’attacco: vuole che Parigi le consegni i protagonisti della lotta armata degli anni 70 riparati in Francia. Sono stati lì molti anni coperti dalla dottrina Mitterrand e dai tanti dubbi sulla correttezza dei processi realizzati in Italia negli anni di piombo. La Francia non ha mai concesso l’estradizione. Ora la dottrina Mitterrand non c’è più, ma c’è un altro problema. La prescrizione.

Sembra una maledizione, ma è così. Nonostante le tante dichiarazioni del ministro Bonafede e gli articoli di Travaglio, l’Italia è uno dei pochissimi Paesi occidentali dove è possibile punire un delitto di mezzo secolo fa. In Francia la prescrizione c’è eccome, ed è molto più breve della nostra. Con le regole francesi quasi tutti i militanti (o sospetti militanti) della ex lotta armata sono prescritti. A cominciare da Giorgio Pietrostefani, l’ex leader di Lotta Continua (condannato per l’uccisione del commissario Calabresi sulla base delle accuse di un unico pentito, che poi sarebbe il killer, e che in questo modo ha evitato il carcere).

Pietrostefani è il più celebre degli esuli, e probabilmente è il “trofeo” che il governo italiano vorrebbe: ha poco meno di 80 anni, un fegato trapiantato, è accusato di un delitto di 48 anni fa, quando Macron non era ancora nato. Molto probabilmente è innocente. Cosa farà il presidente francese? Non lo avrebbe mai consegnato a Salvini, ma forse ora lo farebbe con il governo del Pd.

Il problema è quello dei trattati internazionali. Esiste la Convenzione di Dublino che stabilisce che la prescrizione vale sulla base delle regole del Paese che richiede l’estradizione, cioè l’Italia; mentre prima di quella convenzione la regola era che valeva la prescrizione del Paese che ospitava gli imputati. L’Italia però non aveva mai firmato quel trattato. Lo ha fatto alla chetichella nei mesi scorsi. Ma la nuova regola può essere retroattiva? A occhio, no. Comunque in questi giorni si è saputo della novità e alcuni giornali (soprattutto Repubblica) hanno iniziato la campagna a favore della punizione di delitti di 50 anni fa. Che differenza c’è tra queste campagne e quelle del “Fatto”? Nessuna. Tutte due fondate su due valori: odio e vendetta.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.