In genere il Fatto Quotidiano – giornale con il quale mi è capitato talvolta di polemizzare – è molto attento a non “bucare”, come si dice in gergo giornalistico, una notizia. “Bucare una notizia” vuol dire farsela sfuggire. E il buco, per un giornale di notizie come è “Il Fatto”, è tanto più grave tanto più considerevole è la notizia dimenticata.  Ieri Il Fatto ha avuto l’incidente. Ha preso – immagino involontariamente – un buco clamoroso proprio su un argomento sul quale, di solito, è ferratissimo: la prescrizione.

Il Fatto è impegnato ventre a terra nella battaglia per difendere la riforma della prescrizione firmata Lega-5 Stelle, che fu varata un anno fa da Salvini e Bonafede con la promessa che sarebbe entrata in vigore solo dopo una profonda riforma del processo penale, da realizzare in 12 mesi, e questa riforma del processo penale avrebbe reso velocissimi tutti i processi e dunque reso inutile la prescrizione. Il ragionamento non funzionava benissimo, perché uno poteva chiedersi: ma se il processo diventerà velocissimo e dunque la prescrizione non scatterà più per nessuno, che bisogno c’è di abolirla o di accorciarla?

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Per fortuna quasi nessuno – tranne i soliti 25 garantisti postmanzoniani – fecero la domanda, e Bonafede continuò la sua marcia verso l’abolizione della prescrizione, a petto in fuori, spalleggiato (o forse guidato) da Travaglio, dimenticandosi del tutto della riforma del processo che, infatti, ora che sta scadendo l’anno (la promessa era che sarebbe stata approvata prima del 31 dicembre) non è stata ancora nemmeno scritta. Vabbè. Così Il Fatto decide di dare battaglia. Anche perché in queste ore il Pd sembra che sia un po’ sui carboni ardenti, dal momento che non gli va di sostituirsi alla Lega e firmare una riforma non solo asperrimamente giustizialista ma anche evidentemente incostituzionale (in violazione palese dell’articolo 111).

E ieri, per dare forza giornalistica alla sua campagna, Il Fatto pubblica le foto segnaletiche di una decina di persone famose che hanno usufruito della prescrizione. Non sappiamo se queste persone fossero colpevoli o innocenti, sappiamo che hanno passato molti anni della loro vita sotto processo. Io credo che una persona che non sia stata condannata vada considerata innocente, e non esposta, con la sua foto, al ludibrio pubblico. Ma questo probabilmente per un mio difetto congenito, di garantismo eccessivo e di esagerato rispetto per le norme costituzionali. È chiaro che da questo difetto Travaglio e il suo giornale sono esenti. Quindi niente da eccepire sulla loro campagna. Il problema è che nello scegliere le foto Travaglio ha dimenticato il personaggio che, tra i prescelti (dopo Berlusconi) era certamente il più celebre. Chi? Lui: Travaglio.

Già, Travaglio fa parte di quella schiera abbastanza folta di italiani che ha chiesto la prescrizione. Gli altri appartenenti alla schiera non se ne vergognano, lui sì. E tanto se ne vergogna che censura il suo stesso giornale e non pubblica la sua fotografia. Se pensate che scherzo, sbagliate. Potete verificare la cosa personalmente se avete un computer e la possibilità di navigare sul web. Andate sul sito della Cassazione e cercate la sentenza emessa dalla quinta sezione penale, la numero 14701 del 2014. In quella sentenza la Cassazione fa un bel lisciabbusso a Travaglio, perché definisce del tutto infondato il suo ricorso e lo rigetta confermando la sentenza di appello e dunque negando la prescrizione.

Cioè che è successo? Travaglio (insieme alla direttrice dell’Espresso dell’epoca) viene condannato per diffamazione nei confronti di Previti; lui ricorre in appello e viene condannato di nuovo; allora va in Cassazione per chiedere l’assoluzione o in subordine la prescrizione. La Cassazione gli dice: tu hai fatto un ricorso infondato solo per perdere tempo e strappare la prescrizione. No, il tuo ricorso lo rigettiamo e la prescrizione te la sogni. Una figura barbina. Anche perché uno degli argomenti principali della polemica Travagliesca è sempre stato quello: gli avvocati la tirano per le lunghe e usano i ricorsi solo per guadagnarsi la prescrizione. Appunto. La cosa bella è che questa cosa io l’ho già scritta tempo fa. E Travaglio mi ha risposto con un argomento francamente fantastico. Mi ha detto: «Ma la prescrizione non l’ho chiesta io, l’ha chiesta il mio avvocato». Lo giuro: ha risposto proprio così. Pare che una volta che si operò di tonsille, Travaglio rassicurò i suoi: non mi sono operato, mi ha operato il medico! Scajola? Ma va là, Scajola è un dilettante…

 

 

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.