«Il signor Brambilla constata amaramente che le sue condizioni economiche personali e le condizioni economiche della sua famiglia arrancano in valori assoluti e peggiorano in riferimento a quanto avviene intorno a lui, nelle Regioni del Mezzogiorno e, soprattutto, nelle “regioni” dell’UE. Ovviamente, dietro la “migliore” performance del singolo individuo e della singola famiglia meridionale c’è il dramma dell’emigrazione, soprattutto della fetta di popolazione più giovane e più qualificata. Ma per il signor Brambilla la sciagura altrui è di poco conforto».

L’originale tesi del libro di Stefano Fassina, ex parlamentare, dirigente della sinistra cosiddetta “radicale”, economista, “Perché l’autonomia differenziata fa male anche al Nord” (Castelvecchi), è che la riforma costituzionale sull’autonomia differenziata non solo non conviene al Mezzogiorno ma nemmeno al Nord, al “signor Brambilla”, smontando così l’argomento-principe della Lega, “madre” del progetto. Fassina argomenta questa tesi con un impressionante mole di dati e argomenti di varie istituzioni economiche, sicché il lettore si trova ad avere a disposizione una discreta bibliografia per comprendere bene un problema così complesso. Nell’introduzione Pier Luigi Bersani osserva che «siamo al disegno di uno “Stato Arlecchino” in cui ciascuna Regione contratta competenze e funzioni à la carte», peraltro sostanzialmente al di fuori di un ordinato controllo parlamentare di tutto il processo nel quale, su un’infinità di materie ogni Regione può fare quello che desidera. Questa legge moltiplicherà per venti la burocrazia; le regioni subiranno dumping regolativo e salariale del Sud, pagheranno di più mutui e prestiti; saranno meno protetti in Europa.

«Con l’autonomia differenziata – spiega Fassina la potestà legislativa esclusiva su materie decisive per la regolazione dell’attività produttiva e dei consumi passerebbe alle Regioni. Si tratta della maggior parte delle oltre cinquecento funzioni, in base alla mappatura compiuta dal ministro Calderoli, sulle quali oggi lo Stato ha, almeno, competenza legislativa concorrente. In sintesi e per ricapitolare, sono le funzioni relative alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali; alla tutela e alla sicurezza sul lavoro; alle professioni; all’alimentazione; all’ordinamento della comunicazione; alle grandi reti di trasporto e di navigazione; alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia; alla previdenza complementare e integrativa». Al di là delle pur argomentatissime obiezioni di carattere economico, la critica di fondo è che tutto questo disegno costituzionale affida in qualche modo la storia a meccanismi più o meno spontanei dell’Economia, sottovalutando o addirittura bypassando il ruolo della politica come strumento decisivo per l’organizzazione dello Stato. Se questo discorso di Stefano Fassina è esatto, non c’è da stare tranquilli. A cominciare dal signor Brambilla e al Nord.