Manovra in discesa, tra freni e frizioni. La macchina è quella del bilancio dello Stato, in dirittura d’arrivo: mancano sette giorni a Natale e per evitare l’esercizio straordinario i parlamentari dovranno fare i doppi turni, lavorando anche il sabato alla sua approvazione. L’ipotesi che si sfiori l’incidente di Capodanno è scongiurata da chi, di leggi finanziarie, ne ha seguite da vicino tante: «Non c’è alcun rischio di arrivare all’esercizio provvisorio. Questa è la mia settima manovra, la quinta come capogruppo, e posso dire con certezza che, nonostante le difficoltà, tutto si risolverà, come sempre, negli ultimi momenti. Il maxiemendamento ha causato qualche rallentamento, anche per lo spacchettamento», riassume il capogruppo di Fi in commissione Bilancio alla Camera, Roberto Pella.

L’obiettivo della maggioranza sarebbe quello di chiudere con il mandato al relatore nel corso della notte. Tra le modifiche il taglio delle tasse del 4% sull’Ires per chi assume e investe, e gli aiuti alle famiglie disagiate. Tajani: “Correttivi e miglioramenti ma la struttura resta”. Giorgia Meloni, nel discorso di chiusura di Atreju, ne ha rivendicato i meriti.
«Sulla sanità la calcolatrice serve al Pd: l’aumento è 10 miliardi in due anni. Le si inceppa la lingua a dire Stellantis: noi difendiamo i lavoratori. Non come Landini che difende solo la sinistra». E sull’occupazione, con i dati in crescita, cita Berlusconi: «Un milione di posti di lavoro in più, Sarebbe stato fiero di noi».

Non mancano le voci critiche. «L’impianto della manovra è incerto. I conti non tornano: il ministro Giorgetti dovrebbe trovare il tempo e il coraggio per riferire in commissione. La verità è che le coperture sono totalmente aleatorie, anche perché la manovra è stata costruita su previsioni di crescita del Pil che sono state dimezzate», dice il capogruppo dem nella commissione bilancio della Camera, Ubaldo Pagano, che poi lancia una frecciata: «L’unica cosa chiara sono l’aumento delle tasse e degli stipendi dei ministri».

La norma, inserita nella legge di bilancio, riguarda in particolare i ministri non parlamentari, per i quali è fissato un tetto di stipendio di 5000 euro. Nel corso della seduta pomeridiana ieri è stato bocciato l’emendamento sul rifinanziamento del Servizio sanitario nazionale che portava la firma di tutto il campo largo (esclusa IV). L’articolo emendativo che chiedeva lo stanziamento di 6.802 milioni di euro per l’anno 2025, 10.578 milioni per il 2026 e via crescendo, è stato affondato dalla maggioranza. Portava la firma di Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni, Bonetti, Magi, Braga, Silvestri, Zanella, Richetti, Della Vedova, Furfaro, Quartini.

Sul piede di guerra la Fieg. «Questo governo si sta dimostrando sordo ad ogni iniziativa a sostegno del pluralismo e della libertà di stampa», sottolinea il presidente della Federazione Italiana editori giornali, Andrea Riffeser Monti, commentando l’azione dell’esecutivo nell’ambito dell’esame della legge di bilancio. «Non possiamo non prendere atto della latitanza del governo verso ogni iniziativa concreta a sostegno dell’informazione professionale di qualità»

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.