Il lato grottesco della vicenda è che il summit agostano tra Giorgia e Matteo sia avvenuto in una masseria che si chiama Beneficio. Che a ben vedere, i due ospiti non ne hanno avuto alcuno a giurarsi lealtà, a sottoscrivere una tregua che si è liquefatta in una frazione di secondo, con il caldo africano che è tornato ad affliggere l’Italia, proprio in questi giorni.

Il dubbio poi che un piattino di granchio blu sia finito sul tavolo dell’incontro in mezzo agli uliveti di Ceglie Messapica, tra la Presidente del Consiglio ed il suo vice, c’è tutto. Il cognato Francesco Lollobrigida, reo di aver mostrato il vassoio poche ore prima, non può essere di certo un testimone a discolpa. Che l’assaggio abbia prodotto una forte reazione di rigetto a Matteo Salvini, apparirebbe altrettanto evidente.

E che a distanza di 24 ore dal rocambolesco rendez-vous pugliese, il leader della Lega abbia cominciato a cavalcare il fatto del giorno, ovvero la destituzione del generale Vannacci dall’Istituto Geografico Militare di Firenze (che intanto sarà avviato ad una luminosa carriera nei talk show come una sorta di nuovo ‘Orsini’), oggettivamente fa riflettere. Questioni di tempi (velocissimi), certo, ma anche di famelica voracità del lombardo, come dire ogni lasciata è persa.

È vero che il vicepresidente si è infilato in un ‘affaire’ totalmente creato da Fratelli d’Italia, con il ministro Guido Crosetto che ha sanzionato il militare ed il prode Giovanni Donzelli, mandato in avanscoperta dalla leader, di fatto a difenderlo. Lei che direttamente non poteva farlo, per stima verso il ‘fratello maggiore’, a capo della Difesa, e per quieto vivere con il Colle, che su questa vicenda ha fatto sentire la sua voce. In pratica costretta a rimanere fuori campo, una posizione scomoda per una donna di azione. Un piatto servito quindi per Matteo Salvini, altro che granchio blu.

Il segretario della Lega, d’altra parte, non ha interdizioni o temi tabù, e da settimane osserva con il languorino quello che sta succedendo nella destra, rimasta in parte scoperta dalla svolta ‘governista’ della Meloni. Movimenti, sussurri, proteste, in pratica tutto ciò che serve a Salvini per recuperare terreno su Fratelli d’Italia, ed acquisire la rappresentanza di un’area politica composita ed inquieta (Forza Nuova, Alemanno, i no vax, i si Putin, per arrivare persino a Rampelli, il federale romano defenestrato).

L’insistenza sull’alleanza da allargare sullo scacchiere europeo a Marine Le Pen ed agli impresentabili di Adf, parla a quel mondo variegato, e costringe la presidente del Consiglio a rinchiudersi un’altra volta in una posizione di difesa. Non può essere lei a dire di no all’ ingombrante Le Pen, soprattutto ora che parla con Ursula von der Leyen, ma che fastidio per il suo vice che ne cura gli interessi in Italia e a Bruxelles, con tale sbandierata solerzia e sicumera.

Così, nonostante la lunga ed infruttuosa visita di cortesia in masseria, (zeru benefici, direbbe Mourinho), i due contendenti hanno ripreso subito a sfidarsi, in qualche modo è il loro destino dall’inizio della legislatura. Salvini l’ha giurata alla Meloni dal 25 settembre, da quando cioè Fratelli d’Italia ha quasi doppiato la Lega, e lui ha subito l’onta di fare da vice alla vincitrice, l’invincibile Giorgia, e per di più ai Trasporti, e non all’Interno, dove sognava di tornare, e dove è stato costretto a mettere il comunicativamente scialbo Piantedosi.

Da quel momento, il leader della Lega si è messo in testa di provarle tutte per interrompere la luna di miele tra la Premier ed il Paese, altro che i concerti di Elly Schlein, che fanno solo colore. Il segretario della Lega ha infatti un disperato bisogno di sostanza, per arrivare alla prossima estate, dopo le Europee di giugno, con un carniere abbondante. Un raccolto che serva a calmare i suoi amministratori, da Zaia a Fedriga, e che fornisca la spinta per l’ultima rincorsa alla ‘traditrice’ che occupa abusivamente Palazzo Chigi.

E di possibili inciampi è pieno il cammino autunnale. A partire dall’autonomia differenziata di Roberto Calderoli, a cui Salvini non può rinunciare per la pressione dei militanti e che Giorgia Meloni non può permettersi per l’insistenza di un partito, il suo, particolarmente forte al Sud.

Il match disputato alla masseria il Beneficio, può essere quindi solo un antipasto. Il ministro Giorgetti , mai amato dal suo segretario, ha aperto, durante il meeting di Cl, il capitolo bilancio, mettendo le mani avanti: le risorse non basteranno a completare il libro dei sogni. Un invito a nozze per Salvini, che metterà sul conto della collega di Fratelli d’Italia, ogni sacrificio che verrà fuori.

Insomma à la guerre comme à la guerre, d’altra parte dopo pochi mesi si voterà per le elezioni europee e per di più con il proporzionale, al bando affettuosità tra alleati.

C’è poi la crescente difficoltà di Antonio Tajani e di Forza Italia. La presidente del Consiglio farà di tutto per salvaguardare la rappresentanza italiana del Partito Popolare, a cui guarda con molto interesse; Salvini il ‘famelico’ sogna di toglierli di mezzo, e di inghiottirli con un solo boccone.

E la questione degli sbarchi raddoppiati a Lampedusa? Per lo stato maggiore di via Belliero, è la prova provata che la posizione sdraiata che ha assunto la Presidente del Consiglio in Europa, di fatto incentiva i viaggi della speranza. Per questo c’è assoluto bisogno della Le Pen, e ci provi Lollobrigida a servire anche all’infida francese un vassoio di granchi blu.

Phil

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