L’Umanista
Fortunatamente la cosiddetta italianità è una bella miscellanea
Il caso Vannacci e i tratti somatici di Paola Egonu: italiani brava gente? Non sempre, non proprio
Chi difende la nostra terra e la nostra bandiera può essere bianco o nero, alto o basso, moro o biondo, etero o omo, tarchiato o longilineo, poco importa. Anzi, nulla importa. Il generale dovrebbe saperlo.
La vicenda legata al libro del generale Vannacci ha posto, fra gli altri, il tema della cosiddetta italianità. Riferendosi alla capitana della squadra nazionale di pallavolo, il generale scrive: “Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità”. Ora chiudete gli occhi e pensate a cosa succederebbe se negli Stati Uniti d’America qualcuno con un ruolo significativo dicesse, riferendosi a un campione americano di colore che “non rappresenta l’americanità”. Roba forte eh.
Noi italiani pensiamo di noi stessi di essere colti e mentalmente aperti e pensiamo che gli americani siano rozzi, ottusi e un po’ razzisti, ma loro hanno eletto un Presidente di colore, noi, nella stragrande maggioranza dei casi, facciamo fatica ad affidarci a un avvocato o a un medico di colore. Tutto ciò, quando l’Europa fu liberata dal gioco nazi-fascista, grazie al sacrificio di tantissimi soldati americani di colore, ispanici e di origine italiana. Tutti fieramente americani. Italiani brava gente? Non sempre, non proprio.
L’esperienza nazista nasce dal non riconoscimento degli ebrei col naso adunco come rappresentanti della germanicità. Anche degli ebrei si diceva che i loro tratti somatici non rappresentavano la razza ariana.
Insomma bisogna stare attenti, molto attenti.
Quali sarebbero i tratti somatici dell’italianità vera? Per rispondere a questa domanda, è utile andarsi a rileggere cosa sul tema recitava il rapporto dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, nell’Ottobre del 1912:
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro, affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina e sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. (…) Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia”.
Insomma, i tratti somatici tipici dell’italianità corrispondono al tipo tarchiato e di carnagione scura, tipico del sud, oppure longilineo e di carnagione chiara, tipico del nord-est?
Fortunatamente la cosiddetta italianità è una bella miscellanea. Sì, perché l’Italia nasce proprio dall’integrazione di culture ed etnie diverse, a loro volta contaminate da dominazioni di popoli ed etnie diverse. Fortunatamente. Sì, fortunatamente, perché, sul piano biologico, l’integrazione della diversità rafforza. Non per caso le genie derivanti da unioni fra consanguinei sono più deboli. Fin dall’antica Roma, si considerava come un valore l’integrazione della diversità biologica e non veniva attribuito alcun valore alle differenze somatiche. Oggi, grazie a una ricerca della Stanford University pubblicata nel 2019, abbiamo una storia genetica completa di Roma che mostra come, nel I secolo d.C., la città-stato fosse popolata da molti popoli di discendenza del Vicino Oriente e del Nord Africa. Non solo, ma nell’antica Roma, il colore della pelle non aveva alcuna influenza sulla possibilità di successo delle persone nei più diversi ambiti. L’ascesa di Settimio Severo fu forse l’esempio più lampante di una persona che oggi definiremmo un “romano nero”. Egli raggiunse i livelli più alti del potere fino ad assurgere al ruolo di Imperatore. La potenza e l’affermazione dell’impero romano si deve anche a quest’orientamento alla multietnicità, così come é per la potenza e l’affermazione degli Stati Uniti d’America.
Chi difende la nostra terra e la nostra bandiera può essere bianco o nero, alto o basso, moro o biondo, etero o omo, tarchiato o longilineo, poco importa. Anzi, nulla importa. Il generale dovrebbe saperlo.
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