Sopire e troncare padre molto reverendo, troncare e sopire un po’ tutta la tanto attesa missione diplomatica a Kiev. Le cose non sono andate come dovevano: fallito il tentativo di incontrare Biden; fallito l’obiettivo di mettere il tema della ricostruzione – cioè miliardi di dollari – in cima alla narrazione degli sviluppi del conflitto; ammaccato anche l’obiettivo di mostrare l’Italia unita e compatta al fianco di Kiev.

E dire, come hanno notato in molti, che è stata proprio Giorgia Meloni a “tradurre” la domanda galeotta della giornalista del Corriere della Sera e che lo staff di palazzo Chigi al seguito della missione aveva fatto di tutto – fino a quel momento – per evitare. Martedì pomeriggio c’era stato un problema con gli interpreti e Zelensky ha chiesto di tradurre in inglese la questione. Cosa che la stessa Meloni si è offerta di fare con prontezza e senza censure. A quel punto la situazione è scappata di mano. “Berlusconi e altri leader hanno le loro opinioni ma certamente Berlusconi non ha mai avuto la casa bombardata, non s’è mai trovato i carri armati in giardino e non è stato costretto a fare le valigie alle tre del mattino per mettere in salvo la famiglia”.

Alla fine è stato questo il succo della missione italiana a Kiev tornata ieri verso mezzogiorno a Roma con più problemi di prima. E uno, soprattutto, gigantesco: l’Italia ha perso quella centralità atlantica conquistata con la premiership di Draghi ed è tornata ad essere il ventre molle dell’Europa atlantista, quella ambigua, non del tutto affidabile. Le ultime 48 ore hanno messo insieme tre indizi importanti: Putin si è permesso di riservare al nostro paese, in quello sproloquio durato quasi due ore, una citazione malevola (“La Russia ha aiutato l’Italia durante il Covid”); l’attacco di Zelensky a Berlusconi mentre Meloni era lì accanto, in piedi, una statua di sale impossibilitata di fare alcunché per difendere il proprio alleato.

Il terzo indizio è stato rintracciato qua e là ieri in Parlamento nei commenti del giorno dopo e così sintetizzabile mettendo insieme indiscrezioni di parlamentari leghisti: “La verità è che anche Salvini vede i sondaggi e sa bene che una parte del nostro elettorato comincia ad essere stufo di questa guerra, delle sanzioni, dell’escalation verbale e delle conseguenti tensioni”. Insomma, Berlusconi non avrebbe straparlato, anzi. L’unico, tra i generali di Salvini, che parla in chiaro è il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo: “Giusto difendere Kiev e l’autodeterminazione del popolo ucraino. Il viaggio del presidente Meloni ha dimostrato questa linea. Poi però bisogna anche fare attenzione a non inviare armi che rischiano di trascinare tutti in un conflitto diretto con la Russia”. Quindi, ha proseguito Romeo, “bene ha fatto la premier a parlare anche di ricostruzione, di una Fase 2 che presuppone il cessate il fuoco”.

Salvini, che pure ieri alle 15 era alla Camera per il question time, si occupa rigorosamente di fare il ministro delle Infrastrutture, parla di Ita, ponti, strade, piano casa, Pnrr e treni. Nella maggioranza c’è la consegna del silenzio. O meglio, sopire e troncare. Da Arcore era atteso già da martedì sera un comunicato, una replica. Invece nulla. È stata fatta filtrare l’amarezza di un primo sfogo del Cavaliere (“ma che ne sa Zelensky, la mia famiglia è stata in fuga dalle bombe e dalla guerra, proprio per questo cerco e cercherò sempre la pace”) ma poi ha prevalso la linea di non dare seguito a reazioni dirette. Ieri hanno parlato i fedelissimi come il capogruppo Alessandro Cattaneo e il sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago.

“Noi vogliamo abbassare i toni, nessuno vuol fare polemica su parole che abbiamo già spiegato e che sono state in pare equivocate” ha ripetuto il capogruppo Alessandro Cattaneo.Da parte di Forza Italia non è mai mancata la ferma condanna del conflitto in Ucraina, né il sostegno fuori e dentro il Parlamento a Kiev” ha aggiunto Perego di Cremnago che a fine dicembre ha portato in aula il dl Ucraina che estendeva al 2023 la possibilità di inviare aiuti, mezzi, materiale ed equipaggiamenti a Kiev. Ancora più chiaro il ministro degli Esteri e vicepremier Tajani ieri a New York per l’assemblea generale delle Nazioni Unite. “La posizione dell’Italia è sempre stata molto chiara: l’aggressione in corso è una chiara violazione della Carta delle Nazioni Unite contro la sicurezza e la stabilità internazionale. Nessun paese può essere al sicuro se la violazione dei nostri principi e regole comuni rimane impunita. In questo anniversario l’Ucraina resiste ancora e noi siamo in piena solidarietà con il Paese e la sua gente”.

Quella di Tajani è la posizione più difficile: difendere Forza Italia, il suo fondatore e la linea del governo di appoggio all’Ucraina e alla Nato senza se e senza ma. E l’escamotage “Berlusconi è un uomo di pace che si augura il cessate il fuoco” inciampa ogni volta con la ventennale amicizia che lo lega al presidente russo. Un problema enorme per Giorgia Meloni, anche lei nel non semplice di capo del governo, presidente dei Conservatori europei che hanno nella Polonia di Morawiecki e di Duda, il loro senior partner e i più agguerriti nemici di Mosca. A dare una mano all’imbarazzo che ha gelato la maggioranza e all’ambiguità italiana è arrivato ieri un attacco hacker del collettivo filorusso NoName057. Il capo d’imputazione degli hacker è chiaro: “L’Italia fornirà all’Ucraina un sesto pacchetto di aiuti militari che includerà tre tipi di sistemi di difesa aerea”. Almeno per loro l’Italia è chiaramente al fianco della causa Ucraina.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.