“Io credo che la casa di Berlusconi non sia mai stata bombardata dai missili, mai siano arrivati con i carri armati nel giardino di casa sua, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle tre di notte per scappare o la moglie dovuto cercare da mangiare e tutto questo grazie all’amore fraterno’ della Russia”. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in conferenza stampa accanto a Giorgia Meloni a Kiev.

Nel confronto tra Biden e Putin, tra Varsavia e Mosca, lo spazio se lo prende tutto Zelensky. E Giorgia Meloni si ritrova nel ruolo della comprimaria. Una scena troppo affollata di big e di proclami per la piccola Italia persino un po’ tentennante rispetto al sostegno a Kiev. Per carità, la missione della premier Meloni è stata “politicamente necessaria”, “giusta” e “onorevole” – “è un dovere e un onore essere qui” ha detto appena scesa ieri mattina alla stazione ferroviaria di Kiev – e certamente fa chiarezza della posizione e del ruolo dell’Italia nello schieramento occidentale rispetto alla guerra in Ucraina (“faremo tutto il possibile per questo popolo, la sua libertà e la pace di tutti”). Ce n’era bisogno e su questo possiamo dichiarare missione compiuta.

Ma la forza emotiva dell’abbraccio tra il piccolo (di statura) Volodymir Zelensky e il “gigante” Joe Biden in piazza Mykhailivska di Kiev (lunedì mattina), quasi un padre che stringe il figlio e lo accoglie sulla sua spalla, e la forza belluina delle parole di Putin pronunciate a Mosca ieri mattina (“l’esercito russo non ha mai perso una battaglia e non ci sarà una prima volta”) mettono in fondo alla classifica delle emozioni l’agognato arrivo di Giorgia Meloni a Kiev. La premier preparava da mesi questo viaggio. “Prima del 24 febbraio sarò a Kiev” disse nella conferenza stampa di fine anno. Quel giorno è arrivato. Ma è rimasto schiacciato agli altri eventi paralleli e concomitanti di queste ore lungo l’asse Varsavia-Kiev, cioè Occidente-Nato e Mosca. Si dice che il rischio sia stato calcolato. E che il vero colpaccio dovesse essere un bilaterale nella capitale polacca tra la premier italiana e il Presidente Usa. Ma i due si sono sfiorati e mai incontrati: mentre il capo della Casa Bianca arrivava a Varsavia (lunedì sera) di ritorno da Kiev, la delegazione italiana raggiungeva la stazione ferroviaria della capitale polacca per il lungo viaggio notturno verso la capitale ucraina. Tra i due “solo” una telefonata.

Il resto lo hanno fatto il potere delle parole dette in pubblico. Quelle di Putin ieri mattina davanti all’Assemblea federale: le accuse all’Occidente “che vuole distruggere strategicamente la Russia”; l’annuncio della “sospensione alla partecipazione al trattato New Start”, l’accordo con gli Stati Uniti prorogato fino alla fine del 2026 per tenere sotto controllo i rispettivi arsenali nucleari; fino alla promessa di “continuare la guerra fino al raggiungimento degli obiettivi. “E’ stato l’Occidente a volere questo conflitto” ha ripetuto per due ore il presidente russo. Che nelle due ore di orazione ha deciso di riservare all’Italia un commento insidioso: “La Russia sa essere amica e mantiene le promesse” ricordando gli aiuti forniti all’Italia e ad altri Paesi Ue durante la pandemia e l’aiuto che Mosca sta fornendo ora nelle zone colpite dal terremoto in Turchia e Siria.

Le parole del presidente della Nato Jens Stoltenberg che ha voluto rispondere a stretto giro dal quartier generale di Bruxelles augurandosi un “ripensamento da parte di Putin” sul fronte del nucleare e lanciando l’allarme sulle “possibili forniture di armi a Mosca da parte di Cina e Iran”. Circostanza questa subita non confermata dal commissario europeo Borrell. Un’escalation verbale che Joe Biden non ha voluto alimentare parlando per 21 minuti dal Castello di Varsavia, mentre fuori per tutto il giorno si sono accalcate migliaia di giovani polacchi, ucraini e bandiere americane. “L’Occidente non voleva attaccare la Russia come ha detto oggi Putin” ha detto il numero 1 della Casa Bianca, “la guerra è una scelta di Putin”. Ma il presidente Usa è stato chiaro e ha saputo emozionare quando ha ripetuto: “Kiev resiste e continua ad essere libera. La posta in gioco di questa guerra è la libertà. Abbiamo difeso la democrazia, il diritto delle persone ad essere libere e continueremo a difendere questi valori a qualunque costo. L’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia”.

Ecco di fronte a tutto questo, con il carico di tensione legata alle misure di sicurezza per la presenza del presidente Usa a Kiev per la sua prima visita a Zelensky (la Casa Bianca lunedì mattina ha avvisato Mosca del viaggio di Biden), la missione di Giorgia Meloni è stata ovviamente offuscata. Appena menzionata qua e là nelle home page dei siti americani ed europei sebbene tutti concentrati in dirette dall’Ucraina per l’anniversario di un anno di guerra. Appena menzionata ma non per questo la visita è stata meno importante. Politicamente la missione ha chiarito da che parte sta l’Italia, “la compattezza” del fronte interno dopo le polemiche e i distinguo dei giorni scorsi nella sua maggioranza, il Berlusconi “pacifista” e i no di Salvini alla presenza di Zelensky a Sanremo. “Le sorti della democrazia passano dalla vittoria dell’Ucraina, la sua sconfitta potrebbe essere il preludio ad altre occupazioni” ha esordito Meloni nella conferenza stampa ospitata nel palazzo presidenziale di Kiev, sullo sfondo le bandiere italiana e ucraina, la premier con un maglione bianco, Zelensky nella consueta mimetica.

Dunque non ci sono dubbi né tentennamenti su dove sta l’Italia. “Oggi sono stata a Bucha e a Irpin – ha spiegato Meloniho voluto vedere con i miei occhi il sacrificio di questo popolo nella consapevolezza che le nazioni si fondano sul sacrificio dei popoli. Solo guardando saprò raccontare e spiegare meglio agli italiani perchè siamo orgogliosamente al fianco dell’Ucraina”. Dunque con molta chiarezza la premier ha spiegato perché l’Ucraina deve vincere e perché l’Italia è al suo fianco in difesa della democrazia e contro i crimini dell’umanità quei “fatti che smentiscono le propaganda di Putin”. “Tutti vogliamo la pace – ha continuato – ma nessuna pace può prevedere la resa dell’Ucraina perché sarebbe solo un’invasione. Ecco perché chi sostiene l’Ucraina anche militarmente lavora per la pace”.

Zelensky ha ringraziato l’Italia che ha avuto fin dall’inizio della guerra un ruolo importante anche per l’ingresso dell’Ucraina nella Ue. Ha ringraziato per l’aiuto che ogni giorno viene assicurato e ha promesso un ruolo importante nella ricostruzione. Parole importanti. In piena continuità con quelle pronunciate da Biden lunedì a Kiev e ieri a Varsavia. Oggi il ritorno a palazzo Chigi. Dove però l’aspettano i soliti mal di pancia della sua maggioranza.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.