Napoli ricorda Giuseppe Tesauro, giurista e presidente della Corte costituzionale – scomparso tre anni fa – che ha inciso la storia del Diritto dell’Unione europea. Oggi nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo, alla presenza del sindaco Gaetano Manfredi, viene ricordata la sua figura. Il magistrato Rosita D’Angiolella ne tratteggia il lascito.

Europeista convinto, con un alto senso delle istituzioni. Perché oggi è importante ricordare Giuseppe Tesauro?

«Perché rappresenta un unicum nel mondo del diritto e delle istituzioni. Sono convinta che della triangolazione tra insegnamento, professione e istituzione poteva essere capace solo lui, “osservatore” qualificato come pochi. Non solo fine giurista, ma raffinato studioso che si è contraddistinto nella dottrina italiana ed europea per lo straordinario apporto scientifico e culturale che ancora oggi forma e guida intere generazioni di giuristi».

Possiamo dire che a tutti gli effetti ha inciso la storia del Diritto dell’Unione europea?

«Assolutamente sì, perché credeva nel processo di integrazione, nei poteri conferiti dagli Stati alle istituzioni comunitarie, nella funzione del giudice sovranazionale assegnata alla Corte di giustizia. La sua opera incessante ha fatto maturare la consapevolezza che il processo di integrazione europea non può limitarsi agli scambi, ai commerci, alla libra circolazione, ma deve porre al centro i diritti fondamentali della persona: non può esservi un’Europa integrata senza un’Europa dei diritti».

È stato un punto di riferimento per tanti giovani colleghi. Qual è il suo lascito più prezioso?

«Mi ha sempre colpito che nel suo ultimo scritto (giugno 2021, Colloquio sull’integrazione sovranazionale) si congeda con un “commiato” rivolto giovani studiosi. Come si addice ai grandi, con straordinaria lungimiranza consegna ai giovani studiosi il suo testamento morale sull’importanza del sapere giuridico e dell’alto senso delle istituzioni».

Con il suo garbo riuscì a influenzare anche la politica e la cultura. Oggi si sente la sua mancanza?

«Il suo “garbo” ha influenzato il percorso di chiunque abbia avuto la fortuna di confrontarsi con lui. Beppi (come con sorniona ironia concedeva agli amici di chiamarlo) aveva virtù così peculiari da creare una tipologia umana inimitabile. Univa la sua guizzante intelligenza e la sua cultura umanistica e giuridica alla capacità di vivere con sorridente e bonaria ironia le cose semplici della vita. Con i conflitti di guerra in corso, il fenomeno dell’immigrazione, le resistenze di alcuni Stati membri, le istanze sovraniste, le prese di posizione di alcune Corti costituzionali, più sensibili alle volontà o aspirazioni degli Stati, i suoi insegnamenti sono quanto mai attuali per la politica e la cultura».

La sua figura è motivo d’orgoglio non solo per l’Università Federico II ma anche per la città di Napoli.

«Beppi Tesauro ha fatto dell’integrazione europea il “tema della vita”, ritenendo che il diritto serve alle persone e non ai giuristi. In questo, “egli è davvero un figlio di Napoli, della Napoli colta, che porta il suo bagaglio culturale anche fuori da Napoli, rendendo le virtù di questa città riconoscibili fuori di essa”. Napoli deve essergli riconoscente e orgogliosa; ed è giusto ricordarlo oggi».