La precisazione
Neanch’io a favore delle crisi extraparlamentari
Gentile direttore, la bella recensione del professor Stefano Ceccanti del mio libro su Draghi, pubblicata sul Riformista di ieri, è puntuale come sono sempre puntuali i suoi interventi all’assemblea di Montecitorio, al comitato per la legislazione, del quale attualmente è presidente, e alla commissione Affari costituzionali nella sua veste di capogruppo del Pd. Con la denuncia dei decreti minotauro, l’uno infilato nell’altro con tanti saluti alla certezza del diritto, e con la battaglia volta alla “parlamentarizzazione” dei dpcm, l’onorevole Ceccanti ha avuto il merito di riequilibrare per quanto possibile i rapporti tra legislativo ed esecutivo, sbilanciati da gran tempo, e soprattutto da quando il Coronavirus non ci dà tregua, a favore di quest’ultimo.
Un solo punto della sua recensione potrebbe prestarsi a qualche equivoco. Perciò mi permetto di chiarire il mio pensiero. Allievo di Giuseppe Maranini, al quale ho dedicato il libro, da sempre sono contrario alle crisi di governo extraparlamentari, nate al di fuori e sovente contro il Parlamento. Perciò ho sempre visto con favore la parlamentarizzazione delle crisi ministeriali inaugurata da Sandro Pertini e in diversi casi una via seguita dai suoi successori. Ciò premesso, nel mio libro ho sottolineato due anomalie.
La prima: non è stato Sergio Mattarella a rinviare alle Camere Giuseppe Conte. Ė stato invece quest’ultimo ad andarci sua sponte dopo le dimissioni delle ministre e del sottosegretario di Italia viva. Il capo dello Stato ne ha preso atto: una presa d’atto che mi è parsa una presa di distanza. Come dire: “Fa’ un po’ come ti pare. A tuo rischio e pericolo”.
La seconda anomalia: non si era mai dato il caso, se ben ricordo, di un governo al quale i due rami del Parlamento confermano la fiducia, sia pure con un mercanteggiamento che avrebbe fatto inorridire perfino Agostino Depretis, e subito dopo si dimette perché al presidente del Consiglio è stata fatta intravedere la carota di un Conte ter che non ha mai visto la luce.
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