Il silenzio di Draghi. Una conquista della nostra democrazia afflitta fino all’altro ieri da una chiacchiera quotidiana a reti unificate, origine evidente nel “Grande Fratello”. Quel meditato silenzio si sostituisce alla politica come rumore comunicata da Conte-Casalino 24 h, senza serie mediazioni che implicherebbero pensiero e non le affabulazioni che scorrevano libere. Un altro mondo, con Draghi. Un silenzio benefico che implica lavoro silenzioso, meditato, di cui, sono sicuro, vedremo presto gli effetti sulle vaccinazioni e sui pensieri, e sulle cose da fare tra Italia ed Europa.

Il Presidente Draghi è un insperato colpo di fortuna per l’Italia e personalmente non lo assedierei invocando subito la svolta con domande del tipo: come mai ancora nulla sulla prescrizione? Ora incomincia il lavoro, diamogli tempo. Da ieri, altro ottimo segnale, è stato sostituito, come inamovibile commissario a tutto, Domenico Arcuri. Aspettiamo da Draghi un disegno organico che tocchi i temi fondamentali della crisi italiana, in vista della post-pandemia. Ma un effetto dirompente già è in atto, ed è lo sconvolgimento del sistema politico, la frattura profonda che lo ha messo in discussione; tutto in movimento, insomma, dopo la perniciosa immobilità che permetteva a un Presidente del Consiglio di presiedere maggioranze opposte, una dopo l’altra: la politica-pantano dove alligna solo il potere. Questa fase, indegna di un grande paese, è finita.

Si pensi a ciò che è avvenuto ed è in corso di assestamento: è scomparso il nemico assoluto, l’uomo nero che stava in agguato dietro l’angolo, cosa che impediva addirittura il voto. Ora si governa insieme, anche con l’uomo nero, si apriranno problemi, ma forse di benefica dialettica politica in un quadro mutato, nel quale Draghi guida il tentativo di unità nazionale in una fase tragica della storia d’Italia e del mondo. Un compito difficile, che certo andrà seguito passo dopo passo senza nessuna mitizzazione, ma con non poca speranza. I partiti e i movimenti, poi, che sta avvenendo di loro? Il Pd dello zingarettiano “Avanti con Conte”, che voleva dire “O Conte o voto” – frase che equivaleva un po’, fatte le debite distinzioni, al classico “O Roma o morte”- era diventato una vera e propria ameba, un piccolo mondo chiuso intorno a una parola d’ordine dissennata, dimentica di una storia e di una funzione: la mortificazione servile di una identità.

Oggi, dentro quel partito, molte voci emergono, anche critiche; si accentua il movimento, la diversificazione, la possibilità del congresso, la crisi della dirigenza attuale; si affacciano candidature portatrici di altre strategie che non siano quella della subordinazione secca ai populisti italiani. Tutto opera del governo Draghi, senza di esso nulla di tutto questo sarebbe avvenuto. Il precipizio finale era davanti al partito. E opera sua è il mutamento di scena nella Lega di Salvini, ora partito di governo, ma non più come nel Conte Uno. Si dica ciò che si vuole sui mille problemi che restano aperti, e ci mancherebbe altro, ma lo spostamento della Lega verso l’accettazione critica di un europeismo possibile è un gran passo in avanti nel centro-destra italiano, costretto, nella sua forma leghista, ad abbandonare un sovranismo un po’ stolido e minaccioso, perfino con la possibilità di recuperare una più intelligente, e peraltro necessaria, difesa della sovranità. Un partito che può recuperare un ruolo lasciato per molto tempo da parte, un’isola di demagogia che ne isolava la funzione. Quante cose mutate! Con la sola nomina di Draghi per la veloce decisione del Presidente della Repubblica.

I 5 stelle, veniamo ora a loro. Anche essi sull’orlo di una dissoluzione – a botte di espulsioni e altro – dovuta alla crisi del Conte 2, che immaginavano come intoccabile governo di legislatura: quante cose dobbiamo a Mattarella, Draghi, Renzi! I 5 Stelle, prima di decidersi a chiudere bottega per il fallimento dei titolari, si affidano a Giuseppe Conte per cambiare pelle. Sono convinto che assisteremo a uno spettacolo un po’ comico, dove al comico ufficiale Grillo, che abbandona per fallimento dichiarato dello spettacolo, si sostituisce il comico involontario Giuseppe Conte con l’appoggio indispensabile di Casalino, che fa coppia come in tutte le sceneggiate che si rispettano, Totò-De Filippo irraggiungibili.

Il passaggio tentato sarà dal “Vaffa” al “tutto in ordine”, tutti moderati, liberali, come era possibile esser come prima? Quale diavoleria lo aveva consentito? Con l’ineliminabile difetto d’origine di nulla conoscere del significato storico, culturale delle parole che useranno. Se la pandemia finirà, ci accomoderemo in platea, senza distanziamenti, per assistere allo spettacolo. Comunque, e per concludere, i vecchi 5 Stelle non esistono già più. Effetto Draghi.

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