“L’Italia come l’Ungheria di Orbán”: quando lo scorso luglio il giudice emerito della Corte costituzionale Sabino Cassese aveva polemizzato con il governo Conte su misure anti-Covid e rispetto dello Stato di diritto, il premier, con diversi intellettuali e giuristi erano insorti. La limitazione dei diritti degli oramai famosi Dpcm serviva e serve più che mai, perché il diritto alla salute e il dovere alla solidarietà vengono prima di una libertà avulsa da ogni forma di responsabilità. Sembrava una polemica passata di moda, dopo la scia provocata dalle critiche del centrodestra al prolungamento dello Stato di emergenza. Invece ieri la presidente del Senato, Elisabetta Casellati, ha autorizzato la commissione Affari costituzionali a svolgere un’indagine sull’andamento epidemiologico del Covid-19 e i riflessi sui diritti personali costituzionalmente garantiti. «È un’iniziativa intelligente – ha spiegato la forzista, nonché seconda carica dello Stato- dato che riporta il dibattito all’interno del Senato nel rispetto di quella centralità che da sempre difendo».

Insomma: adesso se ne parlerà con più calma nelle sede istituzionali, in particolare in una commissione presieduta da un esponente del Partito democratico: Dario Parrini. Cambiano i toni, ma non la sostanza: le decisioni prese dal Governo sono costituzionali o incostituzionali? Certo, se fosse vera la seconda cosa, sarebbe clamoroso. Lo scorso aprile dai giudici della Corte costituzionale un piccolo monito era arrivato: l’ex presidente Marta Cartabia aveva avvertito l’esecutivo che il faro di ogni decisione dovevano essere i principi cardine contenuti nella nostra tanto amata Costituzione, primo tra tutti quello della libertà personale. La polemica era subito divampata, con tanto di retroscena infiammati che parlavano di un Giuseppe Conte arrabbiato e pronto a non sostenere Cartabia quando si sceglierà il prossimo capo dello Stato e successive rettifiche di lei, che assicurava di non aver criticato l’operato del governo.

In tutto a oggi siamo a 19 Dpcm firmati dal premier in attuazione della condizione emergenziale sancita dal Parlamento fino al prossimo 31 gennaio. Si tratta di decreti amministrativi, che quindi non possono promuovere nuove leggi e che diventano immediatamente applicabili, senza alcuna approvazione formale da Consiglio dei ministri e Camere. Per questo non sono sottoposti ai classici interventi di verifica, tra cui quello del presidente della Repubblica. Nel complesso, oltre alle limitazioni sugli spostamenti e la chiusura delle attività commerciali, è stato imposto l’uso di mascherine e l’impossibilità di svolgere una serie di attività sportive e di svago. Non solo: è stato intimato di promuovere con forza lo smart working. Per i detrattori le principali problematiche costituzionali riguardano il fatto che questi atti amministrativi, incidendo su libertà e diritti, anche fondamentali, sarebbero nei fatti leggi a tutti gli effetti, con disposizioni che in diversi casi potevano essere contenuti nei più “controllabili” decreti-legge. Staremo a vedere.