Tutti i verbali del Comitato tecnico scientifico istituto dal governo per affrontare l’emergenza coronavirus sono stati desecretati e pubblicati sul sito della Protezione civile. Unica eccezione, gli allegati e qualche omissis relativo a valutazioni di dispositivi medici da acquistare per gli ospedali italiani, presi d’assalto da tanti pazienti. La decisione è arrivata dopo che giovedì un ordine del giorno su questo tema è stato presentato da Fratelli d’Italia e approvato dalla Camera dei deputati. L’iniziativa ha preceduto di poco il ministro della Salute, Roberto Speranza, che aveva preannunciato l’intenzione di rendere note tutte le fasi della gestione della pandemia.

Tanti i passaggi delicati per il nostro Paese contenuti nei 95 documenti diffusi on-line a 45 giorni di distanza dalle riunioni a cui si riferiscono. L’ultimo è del 20 luglio e definisce, tra le altre cose, le precauzioni da adottare nei seggi elettorali il 20 e 21 settembre per le elezioni regionali e il referendum.

Dal verbale numero 15 della riunione del 2 marzo emerge quindi come il Cts abbia sottolineato la necessità di mantenere “riservato” il contenuto del Piano di organizzazione della risposta dell’Italia in caso di epidemia. Una scelta motivata dalla presenza di tre scenari al suo interno, di cui uno troppo drammatico per essere divulgato. “La linea — confermò il 21 aprile il direttore generale del ministero della Salute Andrea Urbani in una intervista al Corriere della Sera – è stata non spaventare la popolazione e lavorare per contenere il contagio”.

Numerose polemiche si erano sollevate sui verbali nei gli gli esperti si pronunciavano sull’opportunità di isolare paesi o intere zone d’Italia, in particolare su quello del 3 marzo in cui consigliavano di “di adottare per Alzano Lombardo e Nembro, venti contagi a testa, le stesse misure restrittive adottate per gli altri comuni delle zone rosse“. Indicazione che poi non verrà recepita. Nei verbali, però, c’è molto di più. A più ripresa viene sollecitata la massima riservatezza da parte dei membri del Cts sull’andamento del contagio, in particolare sui dati relativi alle terapie intensive.

La scuola è tra le preoccupazioni principali del pool di scienziati scelti dal governo, tra cui figurano Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, e Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’ospedale Spallanzani. Già nel verbale della riunione del 7 dicembre il Cts consiglia le prime restrizioni “a gite scolastiche e ai viaggi di cultura” e non esclude che i giorni e le settimane successive “saranno determinati dal livello di diffusione” del virus pari a quello della Cina. Proprio per questo vengono bloccati i voli diretti da Pechino.

L’indicazione di chiudere tutte le scuole, però, arriva solo un mese dopo e non senza discussioni. Il Cts il 4 marzo manifesta perplessità sulla proposta del ministro della salute Roberto Speranza di non fare più lezioni di persona. “Le scelte di chiusura dovrebbero essere proporzionali al contagio”, scrive il Cts, e “non esistono dati che ne indichino la inconfutabile utilità”. Infine, la chiusura della scuola “è efficace solo se prolungata”. La scelta, però, sarà quella di passare all’istruzione on-line. Il 7 luglio, a due mesi d’anticipo sulla prima campanella, i tecnici definiscono la distanza di sicurezza “di almeno un metro” tra gli alunni e di almeno 2 metri trai primi banchi – rigorosamente singoli – e la cattedra.

Tra le tante decisioni, anche quelle sull’uso della mascherina sui luoghi di lavoro. Il 13 marzo per il Cts “non vi è evidenza per raccomandare indiscriminatamente ai lavoratori di indossare le mascherine. Anzi. Al contrario è stringentemente raccomandato solo per gli operatori sanitari e per chi ha sintomi respiratori“. In ogni caso il Cts si oppone al riutilizzo delle mascherine, in particolare le Ffp2 e Ffp3, in particolare per gli operatori sanitari nonostante in quel periodo scarseggino. Nei documenti, c’è anche traccia del diverbio tra il commissario straordinario Domenico Arcuri, che in una lettera del 2 maggio chiedeva al Cts di velocizzare le procedure per approvare mascherine e Dpi da distribuire in Italia e gli esperti, che si sentono “delegittimati” e minacciano le dimissioni.

Decisioni arrivano anche sui tamponi: nei verbali del 14 e 15 marzo il Cts sottolineano che “non necessari su soggetti asintomatici anche se contatti stretti di caso positivo” . Indicazione che poi è stata superata nei mesi successivi.

Con il passare delle settimane, e le prime denunce da parte dei familiari ricoverati nelle strutture per anziani tra cui il Pio Albergo Trivulzio, l’attenzione degli esperti si appunta anche sul problema delle Rsa. L’11 aprile il Cts sollecita “una maggiore incidenza dell’azione delle istituzioni” sulle Rsa. “Sono utili le iniziative di monitoraggio suggerite – si legge nel verbale di quel giorno – ma anche iniziative concrete di verifica sul posto ed assistenza potrebbero essere valutate e se del caso promosse, prevedendo un ruolo attivo dei medici di base”.

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