Ma davvero non fa specie a nessuno che un poliziotto possa intimare a un cittadino di sbrigarsi a scegliere la frutta o il colore dei calzini da comprare? Davvero non impensierisce nessuno che un manipolo di militari possa fare irruzione in un ufficio in cui qualche virgola dei protocolli di igiene non sia rispettata? Evidentemente no, visto che nessuno ha neppure alzato un sopracciglio leggendo l’ultimo elaborato di Giuseppe Conte, l’ennesimo Dpcm che affida ai prefetti l’attuazione delle misure per il contenimento del Covid-19 con l’ausilio delle Forze di Polizia e, “ove occorra”, delle Forze Armate. Perché le “misure” comprendono appunto quella roba: non sostare davanti ai surgelati e spicciati ad andare alla cassa; non organizzare “feste” né in luoghi chiusi né all’aperto perché sono “vietate” punto e basta, e c’è il prefetto a monitorare il clima celebrativo scrutinando se le risate denunciano ilarità consentita o festeggiamento illecito, mentre l’occhio inquirente della forza pubblica decide se i sandwich e le bibite sono picnic ammissibile o party negazionista; al pranzo nuziale non invitare il trentunesimo amico, perché anche questo è vietato punto e basta.

Tutto questo non è uno scherzo. Non è nemmeno la legge, perché si tratta di una sorta di dispaccio emanato con l’incredibile espediente di un pregresso decreto che autorizza il capo del governo a fare ciò che per Costituzione non può fare: un corto circuito giuridico che non ha nessun precedente lungo il corso repubblicano e che non si sa per quale motivo sia consentito da un legislatore che evidentemente ha lasciato andare in desuetudine il proprio potere di intervento. È dunque, piuttosto, pura pratica di governo fondata letteralmente sulla forza e sull’assoluzione dal controllo democratico. E questo atteggiamento di filibusta istituzionale fa sinergia con il profilo recriminatorio-moraleggiante del condottiero che imputa ai cittadini irresponsabili l’aggravarsi della crisi: di modo che l’azione di governo, tutta affidata a quel sistema di pervasività repressiva e sanzionatoria, è corrotta nella sua efficacia non già per l’irragionevolezza che la contraddistingue ma a causa della riluttanza popolare a uniformarvisi.

È semplicemente inaudito che il vertice del potere esecutivo, richiesto di far prognosi sugli sviluppi di una crisi e interpellato sulla capacità del governo di farvi fronte, risponda che “dipende dai cittadini”. Non si tratta per nulla del capo che comprensibilmente si appella allo spirito della nazione e chiama tutti a stringersi nel combattimento: si tratta dell’uso disinvolto del potere di governo per dar fuori ordinanze esemplarmente autoritarie a presunta tutela di un interesse pubblico, che certamente esiste ma non è protetto dal carabiniere che perquisisce i sacchi della spesa né è messo in pericolo dal capannello trasformato in manifestazione vietata perché si muove anziché tenersi “in forma statica” secondo le prescrizioni di questa follia comminatoria. E se questo bel programma sopraffattorio non rimargina l’infezione, appunto, è colpa dell’insubordinazione dei governati. Ripetiamo: ma davvero non fa impressione a nessuno?