Gratteri è stato sconfitto, non sarà lui il Procuratore nazionale antimafia. Sarà Giovanni Melillo, attuale Procuratore capo di Napoli. Lo ha voluto il Pd e lo ha imposto con i voti delle toghe amiche del Pd. Che non amano Gratteri. Il Csm ha assegnato a Melillo 13 voti, quelli che bastavano a evitare il ballottaggio. La maggioranza assoluta. Sette voti a Nicola Gratteri cinque a Giovanni Russo. E questo ha provocato una specie di terremoto dentro la magistratura. Di Matteo e Ardita sono furiosi e lanciano accuse sanguinosissime. Cascini, che è considerato il capo di quelle che venivano chiamate le toghe rosse, difende invece Melillo, e dice che è stata solo una scelta tecnica e che lui non ha nulla contro Gratteri, e ricorda che recentemente ha chiesto che il Csm scendesse in campo per difenderlo dagli attacchi del Riformista.

Di Matteo invece ha rilasciato dichiarazioni molto polemiche. Riferendosi in modo evidentissimo a vecchi precedenti, quelli che riguardano le sconfitte che Giovanni Falcone subì in Csm alla fine degli anni ottanta, ha spiegato che respingendo la candidatura di Gratteri il Csm ha dato un segnale alla mafia. Un segnale di disimpegno dello Stato e un segnale di isolamento del Procuratore di Catanzaro, il quale – ha detto – è sovraesposto nella guerra alla cosche. Di Matteo e Ardita sostengono che è stato assurdo negare l’impegno e i risultati dell’azione di Gratteri contro la ‘ndrangheta e operare una scelta di tipo burocratico. Melillo è conosciuto come magistrato molto vicino alla politica e in particolare al Pd. Mentre Gratteri è noto come lupo solitario, slegato dai partiti, indipendente e quindi incontrollabile.

È probabile che queste caratteristiche dei due candidati abbiano pesato sulla scelta. È invece una forzatura insistere sui successi antimafia di Gratteri, perché non sono così evidenti. Gratteri è un magistrato valoroso che da molti anni è impegnato in modo spasmodico nella lotta alla ‘ndrangheta, ma onestamente bisogna ammettere che i risultati del suo lavoro non sono stati eccezionali. Ora comunque la guerra tra le toghe è clamorosamente riaperta. Proprio alla vigilia di uno sciopero che potrebbe anche essere un clamoroso flop.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.