Puntata storica di Che Tempo Che Fa: alla trasmissione di Fabio Fazio su Rai3 ospite Papa Francesco. Il Pontefice, in collegamento dal Vaticano, ha risposto alle domane per quasi un’ora. Un’intervista serrata, piena di temi attuali: i migranti, la guerra, i problemi che affliggono “la Madre Terra”, il prossimo, il bullismo, i suicidi tra i giovani, l’aggressività nella società, il chiacchiericcio tossico che logora le relazioni, il male. “Non sono solo nella Chiesa – ha detto Bergoglio – Sopporto come tutte le persone sopportano. Se lei va e vede tanta gente che sopporta cose brutte o cose quotidiane, tanta gente che sopportano difficoltà familiari, economiche, padri di famiglia che vedono che il salario non arriva a fine mese, e poi con la pandemia di troppo, non sarei onesto se dicessi che sopporto tanto. Io sopporto come tutti gli altri. Non sono un campione di peso“.

Il leitmotiv dell’intervista: il tornare farsi carne dal verbo, tornare a toccare: “Vediamo poveri, migranti che muoiono, bambini che hanno fame, vediamo le ingiustizie ma c’è la tentazione molto brutta a guardare da un’altra parte. Guardiamo, ci lamentiamo un po’ e poi è come se nulla fosse accaduto. È necessario sentire e toccare, non basta vedere. Entra la psicologia dell’indifferenza. Ci manca toccare le miserie. Penso ai medici, agli infermieri che hanno dato la vita in pandemia, hanno toccato il male e scelto di rimanere con gli ammalati. Il tatto è il senso più completo, pieno, quello che ci mette la realtà nel cuore. toccare è farsi carico dell’altro, se guardiamo senza toccare con le mani il dolore della gente, mai potremmo trovare una soluzione, una via“.

E quindi la citazione, ricordata da Fazio: una persona può guardare un’altra persona dall’altro in basso solo se la aiuta a rialzarsi. Tutti hanno il diritto di essere perdonati. Papa Francesco ha citato anche il cantante brasiliano Roberto Carlos, in chiave ecologista: una canzone nella quale un figlio chiede al padre “perché il fiume non canta più. Il fiume non canta perché non c’è più”. La Chiesa del futuro: il Pontefice la immagina “come la immaginava Paolo VI dopo il Concilio: una Chiesa in pellegrinaggio. Il male più grande della Chiesa attuale è la mondanità della Chiesa, una Chiesa mondana. Peggio ancora dei Papi libertini. Questa mondanità spirituale nella Chiesa fa crescere il clericalismo, una cosa perversa della chiesa, che genera la rigidità, sotto la quale c’è sempre putredine. Il verbo si è fatto carne, dobbiamo tornare a farci carne. In questo scandalo del verbo incarnato c’è la Chiesa del futuro”.

Un lungo passaggio dell’intervista, dedicata alla guerra e alle crisi migratorie. “La guerra è un controsenso della creazione. Nella Bibbia Dio crea uomo e donna, ma poi arriva una guerra tra fratelli, uno cattivo contro un innocente, per invidia, e poi una guerra culturale. Si tratta di un controsenso della creazione, la guerra è sempre distruzione. Fare una famiglia, portare avanti la società è costruire, la guerra è distruggere”, ha detto.

Con i migranti quello che si fa è criminale. Per arrivare la mare soffrono tanto, ci sono filmati sui lager, uso la parola sul serio: lager in Libia. Cosa soffrono? Vogliono fuggire. I filmati sono nella sezione del dicastero umano. Soffrono, poi rischiano per attraversare il Mediterraneo, alcune volte sono respinti da chi ha responsabilità locale e dicono: no, qui non vengono e muoiono sul mare”. Il migrante “va sempre accolto, perché è in difficoltà, poi va accompagnato, poi promosso e integrato nella società, questo è molto importante. Ci sono Paesi che con il calo demografico che vivono hanno bisogno di gente, penso a Spagna e Italia, e un migrante integrato, aiuta quei Paesi”.

Papa Francesco non è solo: ha amici, “persone che conoscono la mia vita: ho bisogno di rapporti umani. Perciò vivo a Santa Marta e non nella residenza pontificia. I papi che c’erano prima di me erano santi ma io non sono tanto santo. Le amicizie a me danno forza. Ho bisogno degli amici. Sono pochi ma veri”. La prima cosa che voleva fare era: il macellaio. Quando andavo alla feria a fare la spesa con la madre vedevo che metteva i soldi in una busta e pensavo avesse tanti soldi. Questo per le mie radici genovesi, che sono attaccati i soldi. Anche i piemontesi ma dissimulano”. A 19 anni, dopo la facoltà di medicina, la vocazione e l’entrata in seminario.

Anche un breve passaggio ironico sull’aneddoto della visita, lo scorso mese, del Pontefice a un negozio di dischi a Roma: “Sono amici, hanno cambiato il negozio e sono andato a benedirlo. Mi hanno detto: non c’è nessuno e notte. E proprio lì c’era un giornalista che aspettava un amico per prendere il taxi. Mi piace la musica classica e il tango. Un porteño (abitante di Buenos Aires, ndr) che non balla il tango non è un porteño“. In chiusura: un’ode, con citazione di san Thomas More, al senso dell’umorismo. “Per salutare mi viene in mente una scena del film del dopoguerra, credo fosse Vittorio De Sica che leggeva le mani e chiedeva 100 lire: io vi chiedo 100 preghiere”.

 

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.