Ho ascoltato ieri una breve dichiarazione del presidente del Consiglio sulla manovra economica. Mi ha colpito questa frase pronunciata da Conte: «Ascolteremo anche eventuali suggerimenti del Parlamento, perché è giusto ascoltarli».

Questo mio articolo potrebbe anche finire qui. Non c’è bisogno di molte spiegazioni: la frase di Conte è clamorosa.  L’attuale presidente del Consiglio italiano è convinto che il compito del Parlamento sia quello di dare qualche suggerimenti al governo, e che invece il compito del governo sia quello di varare le leggi. Per la verità, dal tono di Conte si capiva che non era neanche esattamente così: Conte considera una concessione – seppur ragionevole – da parte del governo, il fatto di permettere al Parlamento di proporre dei consigli migliorativi sul varo di una legge. Non credo che si possa cercare la causa di questa frase – oggettivamente sovversiva – solo all’inesperienza del capo del governo. Non è una gaffe. Penso che ci sia qualcosa di più: il dilagare di una cultura politica, tipica soprattutto dei 5Stelle ma non solo loro, assolutamente antiparlamentarista. Che accantona l’idea che lo stato di diritto si fondi sulla divisione e sull’indipendenza dei tre poteri, e che alle Camere e solo alle Camere spetti il potere legislativo. Spesso ai 5 Stelle si rimprovera di avere rinunciato alla propria vocazione grillina originaria. Quella di quando dicevano che avrebbero aperto il Parlamento come una scatola di tonno. Si dice che ora invece si sono adattati al Palazzo e ai giochi della politica. Non credo che sia una accusa giusta: i 5Stelle hanno già aperto il Parlamento come una scatola di tonno, esattamente come avevano promesso. E ora sono paghi. Tutte le loro principali iniziative legislative – compresa la recente riduzione del numero dei parlamentari – si sono concentrate su questo obiettivo, e anche tutte le loro iniziative politiche e l’interpretazione che hanno dato della democrazia. Non solo (e soprattutto): sono riusciti a estendere questa loro cultura, profondamente e convintamente antidemocratica, a larghi settori degli altri partiti. In questi giorni abbiamo saputo che il Pd sta pensando a inventarsi qualcosa di simile alla famosa piattaforma Rousseau, cioè al meccanismo digitale al quale i 5 Stelle hanno affidato le proprie scelte, sottraendole ai gruppi parlamentari e agli organismi di partito.

La dichiarazione di Conte contro il Parlamento è perfettamente organica a questa cultura. Che ha cambiato, anzi ha stravolto il volto della nostra democrazia e della costruzione costituzionale. Salvini e le destre protestano spesso perché il governo giallorosso è nato per impedire le elezioni anticipate (loro dicono: il diritto di voto degli italiani). Evidentemente non è così, in linea di principio. Perché dal momento che la nostra è una democrazia parlamentare, è legittima qualunque maggioranza politica si formi in Parlamento. Il punto è che Salvini, e Meloni, e in genere le destre finiscono per avere ragione se viene a mancare la premessa: e cioè la democrazia parlamentare. Non stiamo parlando di problemi vaghi e teorici: la fine della democrazia parlamentare, in mancanza di una riforma costituzionale che prefiguri qualche altra struttura della democrazia  (per esempio la repubblica presidenziale ) è un avviso di sfratto non a un partito o al sistema dei partiti, ma alla democrazia politica.

Come mai nessuno ha notato quella frase dell’avvocato Conte? Proprio perché ormai, nel senso comune, l’idea grillina è passata. Lo stesso Beppe Grillo, recentemente, lo ha dichiarato. «Li abbiamo costretti a inseguirci». È così. Grillo ha inondato tutti i partiti con le sue idee antidemocratiche. Grillo è convinto che per entrare davvero nella modernità si debba sostituire la democrazia con l’etica, e oggi vede questa sua idea correre a vele gonfie. Forse c’è ancora qualche resistenza sull’etica, ma nessuno più si sogna di indignarsi per gli attacchi alla democrazia. I pessimisti dicono che questa sia una deriva di tipo fascista. Non è vero. Il grillismo assomiglia in molte cose al fascismo, ma è un fascismo senza potere. E il fascismo senza potere non esiste. Certo, l’idea del bivacco dei manipoli è abbastanza simile…

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.