Sono contrario all’invio di armi. Anche il Pd adesso può cambiare linea”, ha detto il nuovo vice capogruppo dem alla Camera. Cosa ne pensa l’onorevole Piero Fassino, fondatore del Pd, già Sottosegretario agli Esteri, due volte ministro del Commercio estero e da sempre attento analista di politiche europee ed internazionali?

«È una posizione personale di Ciani, come ha precisato egli stesso. Rispettabile. Ma non corrisponde alla linea del Partito Democratico. Siamo a poche ore dal bombardamento russo su una diga che ha provocato un allagamento dalle conseguenze umane e ambientali catastrofiche. Un fatto terribile. Senza mai dimenticare le fosse comuni di Bucha, i bombardamenti indiscriminati sulle città, la deportazione di centinaia di bambini ucraini. Non vedo francamente qual è la ragione per cui noi dovremmo prendere decisioni o iniziative che indeboliscano la capacità dell’Ucraina di difendersi. Anche perché l’invocata pace si può avere soltanto se l’Ucraina non soccombe. Ovvero, se viene sostenuta».

Non va confusa la pace con la resa.

«Esatto. Aggiungo una cosa: la Russia non ha solo invaso parte dell’Ucraina. L’ha annessa. Molti hanno sottavalutato il salto di qualità di questa decisione. Putin dato la cittadinanza russa e passaporto agli ucraini delle regioni annesse, ha fatto adottare nelle scuole locali i libri scolastici di Mosca, ha formalmente dichiarato che le Repubbliche di Donesk e Lugansk sono territorio della Federazione Russa. Quando annetti un territorio e lo integri nella tua nazione, non sei più intenzionato a restituirlo. D’altra parte Putin – come anche Lavrov e Peskov – sono stati chiari: pronti a dialogare a partire dallo stato di fatto. Che significa che quel territorio è nostro e non torniamo più indietro. Se si invoca la pace senza chiedere la rinuncia russa a quei territori, si sta di fatto accettando la mutilazione dell’Ucraina».

Ci vuole una strategia, se si vuole la pace.

«Putin ha aggredito, invaso e annesso. O Putin capisce che deve restituire quei territori all’Ucraina, o non vedo margine di trattativa. A meno che non vogliamo chiedere all’Ucraina di rinunciare a quei territori: una richiesta di resa, inaccettabile in se’ e perché costituirebbe un precedente pericoloso di accettazione di un sopruso».

Guardiamo alle elezioni europee, teme l’onda lunga delle destre?

«Il problema non è temerlo, è vedere che già oggi siamo in presenza della crescita delle forze nazionaliste e populiste in molti paesi europei. Le elezioni in Spagna, Grecia, Finlandia e anche in Italia, sono lí a dirci che c’è un’onda di destra che si va estendendo.Si deve cercare di contenerla e di contrastarla con le elezioni europee, e la cosa non sarà semplice. E qualora le elezioni europee confermassero le tendenze in atto in parecchi Stati ruropri, diventerebbe concreto il rischio di un’alleanza nel Parlamento europeo tra popolari e destre. Un’alleanza che cambierebbe natura e identita’ dell’Unione Europea».

È quel che prova a fare Meloni: l’alleanza tra il suo gruppo dei Riformisti e Conservatori e i Popolari europei.

«Un’alleanza foriera di rischi e problemi: le destre europee accettano soltanto un’Europa minima, da cui prendere lo stretto necessario. Non è quel di cui abbiamo bisogno: dall’immigrazione ai problemi ambientali, alle questioni di sicurezza e di difesa, c’è bisogno esattamente dell’opposto. Di una Europa forte, che inauguri una “terza fase” del processo di integrazione».

Una terza fase, ossia?

«Dopo l’Europa dei fondatori e quella dell’Euro, serve un forte salto in avanti nell’integrazione europea delle politiche in ogni settore. La vicenda dell’Ucraina lo dimostra. Nessun paese europeo sarebbe in grado da solo di sostenere il diritto di difendersi degli ucraini così come lo sta sostenendo l’Europa unita».

Bisognerebbe fare un salto in avanti anche sul modello europeo di difesa…

«Lo si sta facendo più di quanto l’opinione pubblica ne abbia percezione. E la guerra in Ucraina ha innescato decisioni che segnano una accelerazione, come si è’ visto nella recente riunione dei ministri europei della Difesa. Anche qui, tuttavia, è emerso uno dei problemi maggiori che affliggono l’Unione europea».

Quale?

«Il programma di aiuti all’Ucraina discusso dai Ministri è stata bloccato dal veto dell’Ungheria. Dimostrazione plastica che il voto all’unanimità è una palla al piede. Il voto a maggioranza qualificata è assolutamente essenziale. Anche perché il voto a maggioranza è accompagnato dal diritto di un Paese a non partecipare se non condivide. Crosetto in più sedi ha detto di essere favorevole al voto a maggioranza qualificata. Meloni ha dichiarato che non accetterà mai il superamento dell’unanimita. E’urgente che il Governo esca da questa ambiguità».

Come vede il dopo Von der Leyen?

«Se i tempi potessero consentirlo, bisognerebbe adottare la proposta di unificare le figure del Presidente della Commissione e del Presidente del Consiglio europeo. In ogni caso – sia che si unifichino le due figure, dia che restino distinte – servirà’ investire su personalità autorevoli e riconosciute».

Quale indicazione darebbe a Elly Schlein?

«Mantenere sempre un profilo politico espansivo capace di parlare a una società intera. Se i democratici americani anziché Biden avessero candidato Ocasio Cortèz, probabilmente avrebbero perso. Chi esercita la leadership deve essere capace di raccogliere il più ampio consenso. Anche perché si tutelano davvero i deboli se si è capaci anche di raccogliere istanze di ceti forti».

Aldo Torchiaro

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