Il voto a Bruxelles
Parlamento Europeo, il voto sulle munizioni all’Ucraina per i Dem diventa occasione di spaccatura
Il voto sul supporto a Kiev, in termini di munizioni da inviare all’esercito ucraino, in programma all’Europarlamento, diventa terreno di scontro interno per il Pd. Contraddittori fin dalla vigilia, i Dem si spaccano, sull’onda del “liberi tutti”

Oggi va in votazione a Bruxelles il piano con cui la Commissione Europea intende accelerare la produzione di munizioni da inviare a Kiev. I prossimi mesi sono decisivi, occorre un maggiore sforzo nell’approvvigionamento necessario a fermare l’aggressione russa e riportare la pace in Ucraina. A questo, anche a questo, erano serviti gli incontri di Zelensky con le cancellerie che più contano in Europa, a partire da Roma. Nel Pd, che a Bruxelles conta 16 europarlamentari, si è aperto un confronto interno a tratti teso.
“Forse non si è capito, ma il voto è di importanza cruciale: mi auguro che sul regolamento europeo per aumentare la produzione di munizioni per l’Ucraina la segretaria tenga la barra dritta e non abbia cedimenti”, avverte Lia Quartapelle, deputata riformista ed ex responsabile Esteri del Pd. Elly Schlein tentenna – e fin qui, nessuna novità – e finisce per giocare col fuoco. Non consegna alla delegazione del gruppo Socialisti e Democratici nessuna indicazione di voto. A confermarlo al Riformista sono fonti interne agli stessi eurodeputati, che fanno sapere che a loro, al momento in cui andiamo in stampa, “non sarebbe arrivata alcuna indicazione di voto da Roma sul piano munizioni”.
E questo nel giorno in cui le dimissioni di Carlo Cottarelli dal Senato (e dal Pd) vengono approvate definitivamente. Eppure Elly Schlein, che ha annullato il viaggio a Bruxelles, ha parlato (preferendo alle conferenze stampa un monologo su Instagram, ma pazienza) e ha fatto sapere che “C’è il pieno supporto a Kiev, con ogni mezzo”. Bene, allora è fatta? Voteranno a favore? Macché. Si gioca alle tre carte. Dopo aver dichiarato di stare con Kiev, la segretaria del Pd avrebbe infatti lasciato alla delegazione il compito di scegliere autonomamente la linea da prendere sul piano munizioni Ue. E per confondere ancor più le acque, avrebbe aggiunto che “I fondi del Pnrr non si toccano”, paventando il rischio che le risorse del Pnrr inizialmente assegnate ad asili e mense possano finire nella produzione di munizioni.
Una ipotesi che al momento non trova alcun riscontro. Il Pnrr non ha nulla a che vedere con le dotazioni militari, né verrebbe ammessa una simile deviazione della destinazione dei fondi, vincolati come è noto a progetti precisi. Poco importa: al Nazareno serve un incidente da creare a ogni costo. E allora la delegazione Dem all’Europarlamento si potrebbe trovare a vincolare il suo voto alla preventiva approvazione di un emendamento. Da qui la scelta di formalizzare il ‘lodo Pd’ – sì alla produzione di munizioni, ma senza ricorrere ai soldi del Pnrr – con una serie di emendamenti, sottoposti al gruppo dei Socialisti e Democratici a cui i dem appartengono.
Ora, S&D ha accolto gli emendamenti che, però, difficilmente saranno approvati dalla maggioranza europea, guidata dal Ppe. Un escamotage, questo del “lodo Pd”, che potrebbe vedere altri europarlamentari ritagliarsi il ruolo dei non belligeranti. E dal gruppo stesso del Pd non escludono, al termine di questo giro di giostra, tre o quattro defezioni sul voto finale. Tra i nomi che si fanno ci sono quello del medico di Lampedusa, Pietro Bartolo, l’esponente della sinistra Massimiliano Smeriglio, l’ex sottosegretario Achille Variati e Camilla Laureti. La mina – per rimanere in tema – non è disinnescata. “Si va al liberi tutti”, ci dice Lia Quartapelle. C’è chi parla di una linea Maginot, di un Rubicone da non varcare, pena l’inizio della fine. La parola “scissione” torna a affiorare sulle labbra di molti. Lo stato maggiore del Pd, tuttavia, potrà rivendicare di aver tentato una strada per evitare che i fondi del Pnrr vengano destinati alle armi.
Per compattare il gruppo in vista dell’appuntamento di domani, Schlein ha ha rinnovato il mandato a Brando Benifei quale capodelegazione Pd per un altro anno.
Enrico Borghi, senatore del Gruppo Azione-Italia Viva e Nicola Danti, eurodeputato del Gruppo Renew Europe, hanno smontato il trabocchetto di Schlein: “L’utilizzo di un fondo di 500 milioni di euro comunitari, con la relativa flessibilità sull’utilizzo dei fondi europei esistenti, ha il duplice obiettivo di sostenere la resistenza ucraina e ricostituire le scorte degli Stati membri.
Appare evidentemente contraddittorio, quindi, sostenere da un lato di essere dalla parte dell’Ucraina e dall’altro votare contro ad un provvedimento che va in questa direzione, così come è contraddittorio sostenere che debba nascere l’Europa della difesa e poi soffocare in partenza un concreto segnale in questa direzione. Nel merito, vanno precisate alcune questioni. Anzitutto, in Italia non si utilizzeranno né fondi del PNRR né del fondo di coesione per finalità militari”.
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