Questi giorni della politica italiana sono stati molto impegnati dal tema delle riforme istituzionali approvate in Parlamento. Il Governo ha varato due disegni di riforma costituzionale. Il primo riguarda la forma di governo e il sistema elettorale e prevede l’istituzione di un premierato. Il secondo riguarda l’approvazione del disegno di attuazione del titolo Quinto della Costituzione e va nella direzione del rafforzamento di un percorso, iniziato con la riforma del 2001 voluta allora dal centrosinistra, di maggiore autonomia delle regioni e un rafforzamento dei loro poteri. Non sono uno storico o un costituzionalista, ma solo un matematico, e non intendo addentrarmi in valutazioni o giudizi che avrebbero solo un fondamento personale.

Dati da studiare

I dati attuali ci dicono che le istituzioni sono lente e bloccate, il divario tra nord e sud, in termini di opportunità e qualità dei servizi, molto elevato. Sul piano strettamente numerico, per esempio riguardo alla cosiddetta autonomia differenziata, ci sarebbero dati da studiare. Un dato è che le regioni del nord contribuiscono di più in termini fi scali e ricevono di meno in termini di servizi. Un altro dato, contrastante con il primo, è che il sud, in base alla popolazione e al territorio, riceve meno spesa pubblica del nord. La discussione, dunque non è semplice. Ognuno può rivendicare una ragione storica, economica, fiscale, per avallare la tesi favorevole o quella contraria. Quello che però mi colpisce di più è l’argomento che con grande perizia e sincerità proprio questo giornale ha più volte richiamato: il fatto è che la probabilità che queste riforme prima o poi si facciano davvero, è molto remota.

I paradossi di Zenone

Infatti sono tante le cautele che la stessa Costituzione ha posto a baluardo della sua intoccabilità, che i percorsi di riforma diventano talmente lunghi, irti di ostacoli e tortuosi, da dissolversi quasi sempre nel nulla. I nostri costituenti, e così un po’ tutte le classi dirigenti che si sono succedute negli anni, devono essersi ispirati ai paradossi di Zenone di Elea, allievo prediletto ed erede scientifico del grande Parmenide. Zenone è stato un filosofo della natura e della logica, dunque un pensatore fisico e matematico, vissuto in una delle colonie campane della magna Grecia nel V secolo avanti Cristo. I suoi paradossi sono famosissimi e importanti, perché hanno sfi dato le concezioni fi no ad allora conosciute sulla natura del movimento e dello spazio. I suoi ragionamenti provocatori, hanno influenzato il pensiero scientifico e filosofico per molti secoli. I due paradossi più famosi di Zenone sono quello del piè veloce Achille e della tartaruga e quello della freccia. Con il primo Zenone pone la tartaruga in vantaggio, ai nastri di partenza, rispetto ad Achille. E spiega che, mentre Achille percorre il tratto A che la tartaruga ha già compiuto, la tartaruga percorrerà il tratto B. E mentre Achille percorrerà il tratto B, la tartaruga avanzerà di un tratto C.

L’immobilismo della politica e della società

Dunque, logicamente, Achille non potrà raggiungere la tartaruga. Nel paradosso della freccia, Zenone pone un arciere a scagliare la freccia verso un bersaglio. Quando la freccia sarà scoccata, dovrà passare verso infi niti punti, che essendo infi niti come lo spazio, le impediranno di arrivare a destinazione. Infatti il fi losofo eleatico sosteneva che per arrivare ad un punto, bisogna passare per un punto medio che lo precede, e a sua volta per un punto medio, e ancora e ancora. Con i suoi paradossi logici Zenone voleva innanzitutto difendere le tesi di Parmenide, fondatore dell’ontologia e sostenitore dell’essere unico, immutabile, sferico e perfetto. In secondo luogo e di conseguenza, il suo obbiettivo era quello di dimostrare che la stessa presenza del movimento e della dimensione spazio-temporale, implicherebbe contraddizioni apparentemente irrisolvibili e che fosse, dunque, meglio rifiutare l’esperienza empirica dei sensi e affermare che la realtà è immobile. I suoi paradossi introducono l’argomento della infinita divisibilità dello spazio e questo tema ha grandemente infl uenzato il pensiero matematico nei secoli successivi. Però la maggiore infl uenza devono averla avuto sui costituenti, sui costituzionalisti e sui politici. Come Zenone, hanno eliminato dai loro ragionamenti la categoria spazio-temporale. Come Zenone ritengono che sia preferibile pensare alla politica e alla società come qualcosa di immobile, di immutabile, di perfetto nonostante le evidenti storture che produce e le ingiustizie che genera.

Pietro Maiorana

Autore