Il partito democratico dell’Iowa ha garantito ancora ieri mattina che i suoi sistemi elettorali sono “sicuri”. In più, la documentazione cartacea avrebbe verificato che i dati registrati nell’app sono “validi”. Tuttavia, dopo l’incubo di questa prima notte elettorale comincia a farsi strada l’idea che il caucus dell’Iowa abbia un’influenza eccessiva sul processo elettorale e che questa potrebbe essere l’ultima volta che le primarie democratiche prendano il via da questo minuscolo e poco rappresentativo stato del Midwest.

Ma che cosa emerge sul piano politico dalla falsa partenza delle primarie dem? «Una cosa possiamo dire con sicurezza: Joe Biden ha fallito. In molti casi – spiega Nathan Robinson, columnist del Guardian – Biden non ha nemmeno raggiunto la soglia del 15% necessaria per restare in gioco nel passaggio dal primo al secondo round nei caucus. Inoltre, i dati raccolti dall’entourage di Sanders mostrano che il senatore del Vermont ha vinto con circa il 30% dei voti, Pete Buttigieg è al secondo posto con il 25%, Elizabeth Warren è terza con il 21% e Joe Biden molto distante quarto con il 12%. Se questi numeri saranno confermati il destino di Biden sarà definitivamente segnato. Sanders avrà praticamente fatto fuori il favorito per vincere la nomination». Il partito democratico vive ore di grande confusione. L’ottimo piazzamento di Pete Buttigieg fa pensare che il gruppo dirigente democratico possa investire su di lui nel caso di un abbandono definitivo da parte di Biden.

Ma l’ex sindaco non sembra dare garanzie sufficienti: centrista sì, ma ancora troppo giovane e incapace di fare breccia nell’elettorato afroamericano. Qualcuno ha chiesto addirittura a John Kerry, ex segretario di Stato con Obama e candidato per i Democrats alle presidenziali del 2004 vinte da George W. Bush – di tornare in campo per salvare il partito democratico dalla conquista del socialista Sanders (Sanders è – non a caso – il rivale preferito da Donald Trump).

La scena sembra pronta, insomma, per la manifestazione di un deus ex machina. Ne ha le caratteristiche Michael Bloomberg, l’ex sindaco miliardario di New York. “Mini Mike” – così lo apostrofa Trump – ha deciso finora di saltare i primi Stati delle primarie, ma sembra lavori per esplodere la sua campagna in California, lo Stato più grande, che nel frattempo ha ricoperto di pubblicità. Di sicuro, a Bloomberg non mancano i soldi per tentare la volata. Ma anche lui corre dei rischi. La “corsia centrale” delle primarie dem è affollata di candidati. E il voto dei democratici più moderati potrebbe disperdersi, lasciando Bernie Sanders nelle migliori condizioni per vincere. Donald Trump non aspetta altro.

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