Barack Obama ha lanciato un avvertimento ai Democrats: «Non spostatevi troppo a sinistra». L’elettore americano – ha detto l’ex presidente – «non è interessato agli estremi». L’americano medio vuole «vedere le cose migliorate. Ma non crede che dobbiamo abbattere completamente il sistema e rifarlo». I destinatari del messaggio, ovviamente non citati, sono chiari: si tratta di Elizabeth Warren e Bernie Sanders, i due candidati radicali che promettono tasse più alte sui ricchi e un ampliamento della mano pubblica. Un programma che ad Obama appare eccessivo: gli elettori disponibili a votare per i Dem ci sono e sono molti – spiega l’ex presidente – ma «non vogliono vedere cose folli». Questi elettori chiedono maggiore equità e giustizia, «ma sarà importante il modo in cui ci avviciniamo a questo obiettivo». L’uscita di Obama è provocata da due problemi convergenti. Da un lato, la crescente debolezza del candidato moderato Joe Biden. Dall’altro, il rischio che i candidati più radicali possano spaventare gli elettori più moderati.  Nelle settimane scorse anche la speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, aveva espresso preoccupazioni simili. Secondo lei, candidati come Warren e Sanders starebbero «percorrendo la strada sbagliata perché si limitano a corteggiare i compagni progressisti, ma non parlano a quegli elettori di centro che i democratici dovrebbero riconquistare, sottraendoli all’elettorato di Donald Trump». Per Nancy Pelosi i democratici dovrebbero cercare di basarsi sull’Obamacare invece di portare avanti il piano Medicare for All, più ampio, proposto da Warren e Sanders, che creerebbe un sistema di assicurazione sanitaria gestito dal governo e darebbe un bel colpo alle assicurazioni private. Il piano sanitario costerebbe 20,5 trilioni di dollari e sarebbe finanziato – secondo la Warren – aumentando le tasse sulle grandi società e sui più ricchi, reprimendo l’evasione fiscale, riducendo le spese per la difesa e inserendo i nuovi immigrati legalizzati nelle liste dei contribuenti. Biden ha definito quel piano una «ginnastica matematica» nella quale si nasconde un aumento generalizzato delle tasse per la classe media. È anche per questi motivi che la settimana scorsa perfino Mike Bloomberg, il plurimiliardario già sindaco di New York, ha deciso di candidarsi alle primarie democratiche. Ma, secondo la gran parte dei commentatori, nemmeno Bloomberg appare in grado di ribattere ai candidati radicali. I motivi? La sua passata storia repubblicana. L’essere un miliardario perfino più ricco del miliardario Trump che dovrebbe fronteggiare e sconfiggere. Un profilo troppo newyorkese e metropolitano non adatto per conquistare gli elettori delle province interne. Una pessima fama di maschilista incallito.

E allora? A quale santo dovranno votarsi i riformisti dem americani per vincere le primarie e sperare di contendere la presidenza a Donald Trump? La novità potrebbe arrivare dall’Iowa. Da questo stato del Midwest degli Stati Uniti, stretto tra i fiumi Missouri e Mississippi, potrebbe sorgere la stella di Pete Buttigieg. Secondo un sondaggio Cnn-Des Moines Register-Mediacom, Buttigieg, sindaco di South Bend, nell’Indiana, è primo fra i candidati democratici con il 25% dei consensi e guadagna 16 punti rispetto alle rilevazioni di settembre. Per il secondo posto è una battaglia a tre fra Elizabeth Warren con il 16% e Joe Biden e Bernie Sanders con il 15%. Il trentasettenne sindaco di South Bend era uno sconosciuto quando ha annunciato la sua campagna ad aprile, ma recentemente sembra crescere proprio negli stati che saranno tra i primi a votare nelle primarie.  La piattaforma politica di Buttigieg è progressista, ma non radicale come quella di Sanders e Warren. L’esempio è il suo piano Medicare: non imposto per via burocratica, ma scelto liberamente dal cittadino se lo desidera, rappresenterebbe un grande cambiamento nel modo in cui funziona il sistema sanitario degli Stati Uniti pur senza abolire completamente le assicurazioni private. Pete Buttigieg potrebbe essere dunque un’apprezzabile alternativa per gli elettori moderati insoddisfatti dell’anziano Biden. Ma non mancano i problemi. In primo luogo, ricorda John McCormack del “National Review”: «Buttigieg è troppo poco supportato tra gli elettori neri». Il rischio del giovane candidato è quello di ottenere ottimi risultati negli stati prevalentemente bianchi dell’Iowa e del New Hampshire che aprono le primarie, ma potrebbe cadere quando il voto si sposterà nella Carolina del Sud e in altri stati dal profilo demografico diverso. La sua mancanza di esperienza – in mezzo a senatori ed ex vicepresidenti – potrebbe suscitare dubbi in alcune frange di indecisi. In più, la sua omosessualità dichiarata potrebbe alienargli il sostegno degli elettori religiosi più tradizionali.  Allo stesso tempo, però, la sua frequente attenzione per i temi religiosi potrebbe renderlo attraente per gli elettori che a volte i Dems faticano a raggiungere. Come spiega Asher Price del “Los Angeles Times”: «Buttigieg è un protestante che, a differenza di altri candidati democratici, non è timido nel riconoscere pubblicamente la propria fede».

Vittorio Ferla

Autore