La denuncia di Di Matteo
Procura Milano, Viola non piace al Csm: “E’ fuori dalle cricche”
In Italia c’è un magistrato “scomodo” che deve essere ostacolato in ogni modo. Si chiama Marcello Viola ed è l’attuale procuratore generale di Firenze. “Viola è l’unico non ricattabile” disse l’allora consigliere del Csm Luigi Spina allo zar delle nomine Luca Palamara alla vigilia del voto per il procuratore di Roma, lasciando intendere che gli altri aspiranti avessero qualcosa da nascondere. Non essere ricattabile, non avere conflitti d’interessi, non avere scheletri nell’armadio, sta però diventando un handicap per Viola. Bruciato per il posto di procuratore di Roma, il pg di Firenze rischia di fare la stessa fine per la Procura di Milano il cui voto è atteso questa mattina in Plenum. Sulla carta non c’è confronto con gli altri candidati. Oltre ad essere quello con più anzianità di servizio, Viola ha svolto funzioni requirenti e giudicanti, ricoprendo incarichi direttivi sia di primo che di secondo grado.
È stato giudice a Lanusei, pretore ad Avola ed a Palermo. Dopo la riforma del codice di procedura penale, è stato prima giudice e poi pm a Palermo. Promosso procuratore della Repubblica di Trapani, dal 2016 è pg a Firenze. Maurizio Romanelli, il candidato più accreditato, non si è mai spostato dal Palazzo di giustizia di Milano dove è stato sia giudice, pm e procuratore aggiunto. Per un periodo è stato alla Direzione nazionale antimafia ma la nomina venne annullata dal tar per mancanza di titoli. Visto il cv a prova di bomba, come fare allora per stroncarlo? Ricorrendo all’hotel Champagne. “Nel quadro di una articolata strategia concertata, Viola era stato individuato quale candidato preferibile per l’incarico di procuratore di Roma non per ragioni che attenevano a merito o attitudini, bensì in quanto ritenuto “sensibile” agli interessi personali di Palamara e di alcuni suoi interlocutori che riguardavano il futuro assetto della Procura di Roma”, scrive il Csm.
“A prescindere dal fatto se l’affidamento su detta sensibilità di Viola fosse riposto a torto o a ragione – prosegue il Csm – dette risultanze hanno appannato obiettivamente l’immagine di indipendenza, che deve connotare sempre la figura di un magistrato e tanto più di un Procuratore della Repubblica”. Come se non bastasse, Viola non ha mai fatto pubblica abiura. “Tanto più in mancanza di una pubblica presa di distanza che era ragionevole attendersi stante la straordinaria gravità e l’enorme risonanza mediatica della vicenda”, conclude infatti il Csm. Peccato, però, che non sia stata trovata alcuna conversazione o messaggino fra Viola e Palamara. Nessuno. Di fatto solo illazioni e chiacchiere serali ad insaputa del diretto interessato. Sul punto si era già espresso il tar quando il Csm bocciò Viola per il posto di procuratore di Roma: “Dalla lettura delle intercettazioni emerge la qualità di parte offesa rispetto alle macchinazioni o aspirazioni di altri”.
L’essere stato “scelto” a sua insaputa, “non poteva condizionare in alcun modo l’orientamento del Csm”. La sintesi migliore del boicottaggio nei confronti di Viola la si deve a Nino Di Matteo. “Il grande vero motivo per cui non viene adeguatamente valorizzato il profilo di Viola è legato alla vicenda hotel Champagne. Non è un caso che la procedura della Quinta (la commissione per gli incarichi direttivi che il 23 maggio 2019 votò a maggioranza per Viola, ndr) fu interrotta dopo la pubblicazione di intercettazioni segrete su Corriere e Repubblica” con un testo “approssimativo, che accreditò l’idea che Luca Lotti (all’epoca imputato a Roma nel procedimento Consip, ndr) sponsorizzasse Viola perché vicino ai partecipanti” di quel dopo cena “o addirittura si fosse avvicinato a loro”. “Perché parlo di approssimazione?”, aggiunse Di Matteo.
“Basta citare la frase riportata dai giornali: Si vira su Viola. Si è accertato che quella frase era altro: Si arriverà su Viola”, precisò Di Matteo, aggiungendo che “non c’è alcun elemento da cui risulti che Viola ha fatto alcunché per influenzare la nomina. Viola è la vittima principale di questa vicenda, non ha giocato nessun ruolo”. L’ex pm del processo trattativa ricordò l’uso strumentale delle intercettazioni a carico di Palamara. “Per Viola deriva un vero e proprio marchio, ma quando le intercettazioni di Palamara sono relative ad una asserita pretesa del precedente procuratore (Giuseppe Pignatone, ndr) di orientare la scelta in corrispondenza di Lo Voi, queste intercettazioni evaporano nel nulla”. “Viola – ribadì – da questa vicenda è l’unico ingiustamente penalizzato”. Speriamo il Csm se ne ricordi.
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