La camera dei deputati ha negato al Csm l’utilizzo delle intercettazioni illegali realizzate ai danni del deputato Cosimo Ferri.Il Fatto Quotidiano” è insorto contro questa decisione. Dice che è un atto di difesa della casta. Uno legge e rilegge la notizia e poi pensa che siano impazziti tutti. Cioè, cosa è successo? Che il Consiglio superiore della magistratura ha chiesto alla Camera di poter compiere un atto illegale, perché è illegale intercettare i parlamentari. Addirittura è la Costituzione che dichiara illegale questa pratica da Ovra o da Stasi. Per fortuna.

La Camera, rispettando la legge, ha risposto al Csm che purtroppo c’è la legge da rispettare e dunque le intercettazioni, realizzate in modo abusivo su input della procura di Roma, non possono essere utilizzate. E il quotidiano semiufficiale del partito dei Pm si è indignato con chi ha fatto rispettare la legge. E ha indicato i tutori del diritto come Casta. In cosa consiste la Casta? Nel non permettere che un gruppo di incursori fuorilegge faccia strame della legalità? Mistero. Ma se poi uno va a vedere meglio il caso, si accorge che è ancora più clamoroso. Vediamo come stanno le cose. Un paio d’anni fa si pone il problema della successione al procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. Un gruppo di magistrati, ex magistrati e politici si riunisce in un albergo, insieme a Luca Palamara (ex deus ex machina del potere giudiziario) e si schiera a favore della candidatura di un magistrato che ha tutti i titoli per diventare Procuratore. Marcello Viola. La riunione è spiata coi trojan, le intercettazioni vengono poi consegnate ad alcuni giornali che le pubblicano e scoppia il casino. È abbastanza chiaro a tutti che la ragione di tutto questo è una sola: far saltare la candidatura del candidato in questione. Marcello Viola ed è il procuratore generale di Firenze. Ha un difetto: non è nel giro di potere che da molto tempo fa il bello e il cattivo tempo a Roma e rischia di fare saltare molti equilibri.

Meglio che salti lui. I giornali aiutano, disciplinati come sempre, l’operazione va in porto. Il Csm decide di nominare procuratore una persona sicuramente altrettanto rispettabile, ma che non ha i titoli. Ha però il vantaggio di non essere nemico del giro di potere che domanda a Piazzale Clodio. Sto parlando di Michele Prestipino, magistrato molto esperto, sicuramente, e molto legato al procuratore uscente. Lo stesso Viola e anche un altro candidato. Francesco Lo Voi, che anche lui aveva i titoli per diventare procuratore, fanno ricorso e vincono quattro volte al Tar e al Consiglio di Stato. La nomina di Prestipino viene dichiarata irregolare. Questo giornale ha scritto varie volte che il procuratore di Roma è abusivo. Senza intenti offensivi, anche perché Prestipino non ha nessuna colpa se il Csm, violando le regole, lo ha preferito ai candidati più titolati. Lo ha fatto in modo colposo, cioè per semplice ignoranza delle regole (e in questo caso: dio dio, in che mani siamo!), oppure lo ha fatto in modo doloso (cioè infischiandosene delle regole, come il cittadino al di sopra di ogni sospetto, e in questo caso: dio dio, in che mani siamo!)?

Ora il problema è questo. La commissione del Csm che deve prendere atto delle sentenze che delegittimano Prestipino e decidere il nome del nuovo procuratore, sta da mesi perdendo tempo in infinite discussioni e rinvii. Non si decide, perché non vuole decidersi, cioè non vuole rompere le uova nel paniere alla Procura romana. Voi capite bene che effetto strano fa la denuncia del “Fatto”. Chi è la Casta? Magari la Casta è esattamente quella che vorrebbe decidere per conto suo e al di fuori delle regole e delle leggi i gruppi di potere della Procura romana. O no? E perché – è giusto chiedersi – il Csm sta perdendo tempo su Roma? Perché nel frattempo si sono aperti nuovi posti molto prestigiosi in altre Procure. Lascia per raggiunti limiti di età il procuratore di Milano – in un clima infuocato di accuse e controaccuse su inchieste insabbiate – e lascia anche il procuratore nazionale antimafia. Dicono i beninformati che l’idea potrebbe essere quella di usare questi due posti vuoti per sistemare i due pretendenti legittimi alla Procura di Roma – Viola e Lo Voi – e così rendere legittima una nuova nomina di Prestipino. Il problema pare che sia però reso complicato dal fatto che Viola e Lo Voi non ci stanno. Tutti e due vogliono Roma. E poi ci sono altre complicazioni. Sia il procuratore di Napoli Melillo, sia quello di Catanzaro Gratteri aspirano forse alla Procura nazionale antimafia, e tutti e due con i titoli in ordine.

Ora voi provate a rimettere in ordine tutte le cose, a prendere in esame questo vorticoso giro di nomine, a considerare la resistenza feroce dei pignatoniani a difesa di Prestipino, poi date una letta alla denuncia di Palamara nel suo famoso libro “Il Sistema”, e infine scorrete le dichiarazioni di un personaggio di peso come Nino Di Matteo, che abbiamo riportato ieri sulla prima pagina di questo giornale. Di Matteo ha detto cose feroci. È andato molto oltre le denunce di Palamara. Ha parlato di cordate che si radunano attorno a un Procuratore, composte da ufficiali di polizia giudiziaria, e da altri personaggi esterni alla magistratura, che dominano il sistema giustizia con logiche di tipo mafioso. Una bomba. Che ha prodotto grandi effetti? No. Se Di Matteo o Gratteri criticano la Cartabia viene giù il cielo. Se Di Matteo dice che la magistratura è governata da cordate illegali con metodi mafiosi non gliene frega niente a nessuno. Si ha quasi l’impressione che l’establishment consideri in fondo abbastanza normale questo stato di cose.

Ora io mi chiedo: di fronte a questo spettacolo inverecondo, che coinvolge il Csm, i vertici di molte Procure, i giornali omertosi, le Logge segrete, è possibile che il Parlamento non si decida a formare una commissione di inchiesta? Con tutti i poteri. Che possa interrogare i protagonisti di questa vicenda, che possa ricostruire fatti, circostanze, relazioni, diktat, ricatti. Che possa stabilire quanti e quali di questi ricatti si avvalgono direttamente del potere inquirente di alcuni magistrati. E poi, dopo aver concluso questa inchiesta, suggerisca eventualmente allo stesso parlamento , e al governo, di fare tabula rasa degli attuali assetti e delle regole che ordinano il più potente e temibile dei poteri pubblici. Possibile che questo non avvenga? A me sembra di dire quasi una banalità. Eppure sono sicuro che non avverrà.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.