Si riapre, dunque, la partita per la Procura di Roma, l’ufficio giudiziario più importante d’Italia, quello che vale come “due ministeri”. Il Consiglio superiore della magistratura, dopo aver preso tempo, ha deciso a sorpresa che è giunto il momento di affrontare la questione della nomina del procuratore della Capitale. La storia è nota. Il Csm a marzo del 2020 aveva nominato Michele Prestipino, già fedelissimo di Giuseppe Pignatone, nuovo procuratore di Roma. Prestipino, fino a quel momento aggiunto a piazzale Clodio, era stato preferito a candidati più titolati, come il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi o il procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Gli sconfitti avevano impugnato davanti al giudice amministrativo la nomina di Prestipino, avendo ragione sia in primo che in secondo grado. Il Tar e il Consiglio di Stato, nell’annullare la decisione del Csm, avevano stigmatizzato la motivazione principale di Palazzo dei Marescialli per giustificare la promozione di Prestipino, quella del “radicamento territoriale”.

Prestipino, avendo prestato servizio per diversi anni a Roma, sarebbe stato a conoscenza della realtà criminale della città, a differenza di altri magistrati. Ma i giudici amministrativi avevano sconfessato il Csm affermando che quello del “radicamento territoriale” fosse una giustificazione senza alcun riscontro nelle circolari per gli incarichi. Viola, in particolare, si era visto annullare la votazione del maggio del 2019 in Commissione per gli incarichi direttivi. Il pg di Firenze, votato con ampia maggioranza, era stato estromesso dalla corsa al vertice della Procura di Roma dopo lo scoppio del Palamaragate. I partecipanti all’incontro all’hotel Champagne avevano parlato di lui, a sua insaputa, come nuovo procuratore di Roma. E ciò era stato ritenuto sufficiente per azzerare tutto, non tenendo in considerazione i titoli posseduti e l’esperienza professionale maturata. L’ex vice di Pignatone in questi mesi ha provato a resistere in tutti i modi. Giocandosi anche la carta del ricorso in Cassazione. In pratica Prestipino, con il Csm che gli è andato dietro, aveva presentato un ricorso in Cassazione per “eccesso di potere” da parte del Consiglio di Stato.

Secondo Prestipino i giudici amministrativi avevano limitato la “discrezionalità” propria del Csm in tema di nomine. La data per la discussione era stata fissata per il prossimo 23 novembre. Questa settimana, invece, il cambio di rotta con la decisione di calendarizzare la nomina del procuratore a seguito del giudicato amministrativo. Cosa sarà successo? L’ipotesi più probabile è che il Csm voglia chiudere la partita con l’attuale compagine, non rinviando ulteriormente la discussione. La nuova votazione aprirà il risiko d’autunno: dopo Roma toccherà a Milano e quindi alla Procura nazionale antimafia e antiterrorismo. Due gli scenari. Lo Voi nuovo procuratore di Roma, se non vorrà andare al posto di Federico Cafiero de Raho alla Dna. Oppure Viola se non opterà per la Procura di Milano. Comunque vada sarà una scelta epocale. Ago della bilancia saranno le toghe di sinistra che non avendo un loro candidato dovranno scegliere in casa di altri. Sia Lo Voi che Viola sono, infatti, di Magistratura indipendente, la corrente conservatrice.

In attesa delle decisioni del Csm, meritano di essere segnalate le dimissioni del giudice Andrea Mirenda dal Consiglio giudiziario di Venezia. «La pervicace resistenza al cambiamento del “sistema correntizio”, sorretto da una Politica ammiccante giacchè totalmente sorda a semplicissime riforme a costo zero idonee a cancellarlo, ha fatto venir meno ogni fiducia nel nostro autogoverno, oramai da troppi anni in balia di gruppuscoli privati e di cenacoli politici, più o meno segreti, che ne hanno offeso irrimediabilmente il prestigio», scrive il magistrato, noto per le sue battaglie per il sorteggio dei componenti togati del Csm. «Per queste ragioni – aggiunge – non voglio più sentirmi in alcun modo ‘complice’ di questo circuito ipocrita né continuare ad assistere alle consuete ‘stragi di legalità. Mi dedicherò, quindi, esclusivamente al mio lavoro, con la consueta passione e con quell’orgoglio della toga di cui mi onoro, tanto più necessario oggi in ragione della grave crisi organizzativa in cui versa il mio Ufficio, tale da impormi la massima presenza», conclude quindi Mirenda, il cui nome era balzato agli onori delle cronache qualche anno fa per essere stato il primo magistrato a rinunciare a un incarico dirigenziale. Il Riformista ha ospitato alcuni suoi contributi in questi mesi.